giovedì 28 febbraio 2013

Luoghi del gusto e dell'anima

       La visita a un cliente mi conduce ad Alba. Amo intensamente questa piccola capitale delle Langhe. La ricordo come un luogo triste e relativamente desolato quando, giovane militante di una parte politica non molto ben vista in quelle zone, la battevo insieme ai miei amici nella improbabile ricerca di consensi. Sempre circondati da diffidenza, talvolta da ostilità anche aperta, portavamo in giro la nostra fede in luoghi desolati, all'epoca ancora classici luoghi della "malora".
       Successivamente c'è stato il boom dell'enogastronomia e Alba è diventata una piccola perla. Lascio l'auto al parcheggio di piazza del mercato e giro per le vie del centro, ancora innevate di fresco.
        L'ufficio del mio cliente è in Via Maestra, cioè nella via principale, ricca di turisti e negozi. Terminato il nostro incontro di lavoro, poiché siamo veramente a due passi, il mio cliente mi invita a una breve colazione al piano terra del mitico ristorante "Piazza Duomo". E' un breve business lunch, il nostro, ma allietato dal luogo e da un cibo magnifico. Il "Piazza Duomo" di Alba, affidato alle cure di un grande chef come Enrico Crippa, è uno dei templi dell'enogastronomia italiana. Non siamo al primo piano, quello dei pranzi e delle cene di altissimo livello, ma anche a piano terra si mangia molto bene. Il luogo, poi, risveglia in me un'infinità di ricordi. Sono stato felice in più di un'occasione, al "Piazza Duomo". Momenti fuggevoli, alcuni degni di essere vissuti, altri conclusisi orrendamente, ma tutti interessanti e importanti, nella mia vita.
       Lascio Alba con dispiacere. Anche se è a 60 km da casa mia, vorrei venirci più spesso, e non sempre ne ho l'occasione.
       Spinto dalla malia delle suggestioni e dall'onda dei ricordi, mi spingo a Cherasco, alla mitica cioccolateria Barbero. Prendo un caffé, mentre osservo le delizie sparse sui banconi e nelle teche. Per un attimo, mi chiedo se fare un omaggio a una persona che so ghiotta di queste delicatezze. La tentazione è forte, ma mi trattengo: il mio gesto sarebbe sicuramente frainteso, ormai. E in fondo lo è stato anche prima. Dunque, se una cosa è vana, non diventerà meno tale in un eventuale secondo tentativo. Meglio lasciar perdere. Se non ci si è capiti prima, non ci si capirà certo adesso, a situazione radicalmente mutata.
       Proseguo verso La Morra, altro paese che amo molto, e mi fermo a fare qualche acquisto mirato in una splendida enoteca. Da lì proseguo verso Dogliani, un po' rallentato dal fatto che le strade sono ancora piuttosto complicate dai residui di recenti nevicate.
       Si sta facendo pomeriggio inoltrato, e decido di rientrare. Ho visitato alcuni luoghi del gusto... e dell'anima. Sono contento. Sono stato bene in quei luoghi, sia prima sia ora. Ero e sono sempre io. Non c'era un simulacro di me, come mi è successo talvolta, quando ero in compagnia di qualcuno che pareva esserci, e in realtà non c'era. Tengo molto a queste differenze fondamentali, perché sono scelte di sincerità. Prendere in giro le persone è molto brutto, molto sgradevole e infinitamente più offensivo che prenderle a male parole. Quando si è ostili, o indifferenti, o profittatori, occorrerebbe avere il coraggio di esserlo di fronte. D'accordo che - come diceva il Manzoni di don Abbondio - "chi il coraggio non ce l'ha, non se lo può dare..." Però il rispetto del prossimo dovrebbe essere un valore degli apologeti dell'umanesimo. O sbaglio...?

                                    Piero Visani

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