venerdì 29 marzo 2013

Archetipo femminile incarnato

       Sabato pomeriggio di marzo. Piove.
       Spogliatoio maschile del mio club di tennis.
       E' il momento del cambio di ora. Dai palloni pressostatici che coprono i campi in sintetico escono quelli che hanno appena terminato di giocare, lasciando il posto ai subentranti.
       Spogliatoio saturo di persone, di sudore, di afrori, di adrenalina.
       Resto coinvolto nei soliti discorsi su donne e motori, dove entrambi vengono vivisezionati come pezzi di carne in una macelleria.
       Sebbene io sia stato abbondantemente massacrato dal genere femminile e sebbene ritenga che gli uomini spesso parlino delle parti in forma consolatoria, per non dover affrontare il per noi disperante (e disperato) discorso sul tutto, personalmente detesto questi dialoghi da spogliatoio, dove tutti millantano e dicono solo sciocchezze. Me ne sto dunque in un angolo, silente.
       Tuttavia, le parole di uno degli astanti mi colpiscono: "Ragazzi, ho incontrato il mio archetipo femminile incarnato!".
       Mi desto dal torpore. Lo guardo incuriosito. E' un'espressione che ritenevo assolutamente e peculiarmente mia, dunque sono sorpreso.
       E' un uomo all'incirca della mia età, con un figlio più o meno dell'età del mio. Un bell'uomo, giovanile, prestante. Molto più loquace e aperto di me, ma intelligente e attento.
       Infatti, coglie subito il mio trasalimento e mi chiede incuriosito: "Anche tu l'hai incontrato?".
       Ho un attimo di lieve repulsione, perché detesto l'abitudine odierna di dare a tutti del "tu", ma lo supero e rispondo: "Due volte".
       "Due archetipi diversi o due incarnazioni del medesimo?" - ribatte lui.
       "Due incarnazioni del medesimo" - preciso io.
       "E come è andata?" - chiede, chiaramente incuriosito.
       "Sono alla ricerca della terza incarnazione" - rispondo io - "Sono un grande esperto di fogne e pattumiere, ma sono come l'araba fenice...".
       "Capisco" - sogghigna lui - "Non avertene a male. E' il nostro destino".
       "Lo so, lo so, lo so bene. Ma sai, sono un tennista modesto ma molto coriaceo. Non mollo. Magari perdo, anzi perdo di sicuro, ma arrivo sempre al quinto set...".
       "Giusto. E' così che si deve fare: anche se tutti mollano, noi no!".
        "In ogni caso - concludo io - se nella prossima vita nascessimo ermafroditi forse sarebbe meglio: potremmo arrangiarci alla perfezione da soli ed eviteremmo di buttare via una parte significativa delle nostre vite a correre dietro alle femmine".
        E lui, dimostrandosi molto saggio: "Non giudicare le cose dai risultati, ma dalle intenzioni. E persevera. Magari troverai l'eccezione, e non confermerà la regola!".
        Saggezza da spogliatoio maschile.

                                         Piero Visani

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