mercoledì 27 marzo 2013

Interesse e disinteresse

       Una delle più gravi iatture del mondo del lavoro contemporaneo sono le "amicizie per interesse". Già in passato, in un mondo del lavoro profondamente diverso dall'attuale, i "corteggiamenti di lavoro" per interesse erano all'ordine del giorno, ma oggi che le attività si sono fortemente individualizzate e che ciascuno deve pensare primariamente a salvare se stesso nel disastro in corso, è sufficiente avere una qualche attività che stia a galla o riesca ad avere un minimo di successo, per essere bombardati di richieste del genere.
       Non sto parlando dell'afflusso di curricula. Quello è una piaga quotidiana di crescente entità. Sto parlando di coloro che, per conoscenza casuale, perché "amici degli amici", etc., si accostano alla nostra società (ma potrebbe essere qualsiasi altra) per palesi motivi di interesse.
       Intendiamoci: non c'è nulla di male nell'interesse, anche perché, in questa maniera, è possibile scoprire persone di assoluto valore, che prima che si presentassero non si conoscevano. Tuttavia ci sono altresì risvolti meno gradevoli, come l'atteggiamento esasperatamente amicale che questi soggetti spinti dall'interesse si sentono in dovere di assumere, che naturalmente, se si tratta di soggetti di sesso femminile, spesso e volentieri non si astiene dalla moina o dall'ammiccamento. Perché - consentitemi - le "donne in carriera" sono soggetti moderni, compiuti, realizzati e fuori dalle tradizionali classificazioni di genere, ma, quando c'è da prendere in giro un uomo, diventano soggetti assolutamente tradizionali, ben lieti di poter fare riferimento ai ruoli tradizionali...
        Ciascuna di queste vicende segue un iter ben preciso: approccio, superficiale conoscenza reciproca, eventuale collaborazione di lavoro (se ne sussistono le premesse). Poi tutto può filare per il meglio, se si è fortunati, oppure si può scoprire che in realtà grandi possibilità di lavoro in comune non vi sono, e quindi arriva rapidamente il momento dei contrasti o anche semplicemente quello della constatazione che non esistono grandi punti di convergenza. E allora arriva presto anche il momento degli addii. Gli "amiconi" delle fasi iniziali diventano soggetti freddissimi, algidi, persone che non sanno chi sei e neppure vogliono saperlo. Guardano già altrove. Avresti potuto servire, ma, una volta constatato che non è così, hai esaurito il tuo ruolo. Dubito che ricorderanno il tuo nome e il tuo volto. E che possa importargliene qualcosa.
        Questa cosa si ripete ad infinito. Se glielo fai notare, ti rispondono con palese fastidio: così è la vita. E allora lasciatemi dire: Viva la muerte!!

                       Piero Visani

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