venerdì 8 marzo 2013

Stimolazione cerebrale

     Anche se qualcuno dei lettori (e delle lettrici) del mio blog potrebbe pensare esattamente il contrario, non ho mai avuto storie superficiali con esponenti del gentil sesso. Una one night stand, in quanto tale, mi interessa poco o punto. Mi piacciono le donne affascinanti, quelle che esercitano su di me una qualche forma di seduzione, quelle che scuotono qualcosa nel mio profondo. Delle altre, non so che farmene. Ho sempre cercato donne vere, donne ricche interiormente, intelligenti, brillanti, colte.
       Se si guarda alla cosa in termini speculari, si potrebbe dire che è una mia necessità. Per quanto io sia fortemente narciso, infatti, l'unica forma di mia personale seduzione in cui credo non è l'aspetto fisico, ma la stimolazione cerebrale. Sono sempre alla ricerca di cervelli e di animi, inseriti preferibilmente all'interno di corpi che corrispondano al mio archetipo femminino, che esercitino su di me stimolazione cerebrale e intellettuale, e sui quali possa esercitarla a mia volta.
       Non a caso, le mie storie importanti sono poche, lontane nel tempo l'una dall'altra. Non è facile infatti che io incontri donne che destino la mia attenzione. Se capita, cerco di fare di tutto per destare la loro e, se percepisco l'esistenza di un idem sentire, cosa cui tengo moltissimo, sono disposto a impiegare mesi, anni, nello sviluppo di un rapporto con quella persona. E non intendo - desidero essere molto preciso su questo punto - un rapporto meramente sessuale, ma una relazione che possa evolvere nelle direzioni più diverse, basandosi su un fitto, nutrito e fecondo interscambio.
      Nessuno di questi rapporti, per la verità, se è stato felice e riuscito, è risultato privo di una dimensione sessuale, ma questa è venuta per evoluzione spontanea, per progressione naturale, non per la ricerca deliberata di occasioni per attivarla. Non ho mai invitato una donna a un weekend o a un viaggio nutrendo un obiettivo del genere. Ho sempre pensato, invece, che, se la nostra relazione fosse maturata, quello sbocco sarebbe venuto naturale.
       Se ciò non è successo, le mie relazioni sono in genere finite, di norma relativamente male, ma non perché non è successo, bensì perché il fatto che non succedesse era imputabile a che la relazione era bloccata o implosa o avvitata su se stessa. Stavamo girando in tondo, o tornando indietro, o non riuscivamo a superare determinate barriere di fiducia e confidenza, oppure la mia compagna di turno poneva dei limiti e questi - si sa - io non solo solito accettarli. Mi sfiancano, mi sfibrano, trasformano i miei tentativi di stimolazione cerebrale in penose storielle giudeocristiane intrise di sensi di colpa e di senso del limite.
       Di norma, le relazioni migliori che ho intessuto hanno avuto come protagoniste donne che non erano condizionate da alcunché. E questo loro essere affrancate, svincolate da tutto era ciò che le rendeva realmente interessanti ai miei occhi, che le trasformava in fantastiche compagne di esperienze e di avventure. Per le altre, la magia di un momento, o di periodi più o meno lunghi, cominciava progressivamente a spegnersi, perché il problema in sé non era la dimensione sessuale, ma la dichiarata impossibilità di fare evolvere la relazione. Saremmo stati costretti, infatti, a bloccare il nostro percorso, a ripeterci, a fare sempre le stesse cose, e questo ci avrebbe fatto sprofondare nella noia e nella ripetitività.
       In altri casi, quello che ci ha bloccati è stato il limite: "Amici e basta!". E che relazione è? L'esercizio di una sovranità limitata? La richiesta, in sé, non è illegittima, e io non la considero tale; semplicemente, è un tipo di offerta che non mi interessa, anche perché in genere maschera (male) parecchie altre cose: la paura, l'indisponibilità sessuale, lo scarso desiderio di esplorazione e scoperta.
       Naturalmente, urtare contro limitazioni del genere è sempre difficile, specie se la donna che se ne fa portatrice è comunque un soggetto interessante. Logico perciò che, se le si vuole bene, si investa moltissimo tempo nel cercare di persuaderla non a fare sesso, ma ad accettare una relazione dinamica, non statica, da pensionati dell'anima e della volontà di ricerca. E logico altresì che sia sempre spiacevole perdere chi avevi reputato all'altezza, e non si è dimostrata tale.
       Con il tempo, tuttavia, uno se ne fa una ragione, anche perché una relazione statica assomiglia a un matrimonio non riuscito. Si è sempre fermi, allo stesso punto. Non si può andare da nessuna parte, ma soprattutto non si può andare avanti. E, mentre io non trovo che ci sia assolutamente nulla di ridicolo nel guardare la luna mano nella mano, e anche nel farlo ad età in cui uno si attenderebbe esiti più concreti, trovo risibile doverlo fare ad infinito, solo per mancanza di gusto della ricerca, della scoperta, della progressione sentimentale, intellettuale, psicologica.
       Espongo sempre tutto, dichiaro e chiarisco sempre la mia visione del mondo in questo campo, contando sulla volontà delle mie interlocutrici di prestarmi attenzione. Quando ciò non avviene, me ne dolgo, ma di cosa posso rimproverarmi? Ho detto e fatto tutto quello che potevo dire e fare. Poiché non credo di aver mai perso tempo a parlare a delle sorde, mi immagino che quelle che non intendono sentire non lo facciano per sordità, ma per indisponibilità. A quel punto, è giusto salutarsi. Con buona creanza, se si riesce. Con rancore, se non si riesce. Ma sapendo entrambi che ciò che non cresce, inevitabilmente muore.

                                                 Piero Visani
                

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