mercoledì 10 aprile 2013

A perfect stranger

     Mattina. Locale storico del centro di Torino. Uno dei più belli e ricchi di stile. Ho un appuntamento con alcuni clienti. Sono in anticipo. Mi siedo in una saletta appartata. Attendo, pensando a tutti i miei problemi.
      Entra una donna sui 43-45 anni. Capelli neri, alta, molto bella. Si siede all'altro capo della saletta. Non mi nota. Passano alcuni minuti, mi perdo dietro ai miei pensieri.
      Mi squilla il cellulare e rispondo.
      Forse lo squillo, forse l'insolita suoneria (The soldier's song, inno nazionale irlandese, in versione per banda militare), destano la sua attenzione su di me. Mi guarda a lungo, anzi direi che mi squadra. Lo noto persino mentre sto rispondendo alla chiamata, e ancora di più lo noto una volta che la stessa si è conclusa.
       E' talmente insistente che dapprima penso mi abbia scambiato per qualcun altro, o che davvero mi conosca. Poi, visto che quell'insistenza ha una connotazione precisa, penso che sia una professionista, di quelle che un tempo si definivano "di alto bordo".
      Mille pensieri mi traversano la mente: è una donna molto bella, molto di classe, non può essere una mercenaria. Al termpo stesso, io non sono Brad Pitt, e neppure George Clooney. Dunque quale la ragione di una così palese attenzione?
      La mia mente si chiede: e se fosse la solita allumeuse? Non ne ho una collezione già abbastanza nutrita? Non mi è bastata l'ultima che ho conosciuto? Dovrei ricadere ancora una volta nell'ennesimo errore?
      La guardo, un po' ironico, un po' sfrontato. Lei non abbassa lo sguardo. La situazione è al limite dell'imbarazzante, perché, o faccio qualcosa o la autorizzo a pensare a qualsiasi cosa di me, con ampia scelta, dall'imbranato al gay...
       L'arrivo dei miei clienti distoglie ovviamente la mia attenzione dalla donna e salva la situazione, ma lei continua a fissarmi insistentemente anche mentre conduco le mie conversazioni di lavoro.
       Noto che arriva un'amica e questo, finalmente, la distoglie dal guardarmi.
       Quando se ne va, mi lancia un'ultima occhiata, a cavallo tra ironia e compatimento.
       Tornando a casa, ripenso alla cosa e sorrido tra me e me. Non avrei alcuna voglia di ripetere esperienze recenti. Non avrei alcuna voglia di soddisfare nuovamente il desiderio di qualche ultraquarantenne di essere ancora in grado di esercitare il proprio potere seduttivo sui maschi. Ho già dato. Non voglio più lasciarmi invischiare in giochetti del genere. Sono esercizi da femmine con problemi. Ne ho avuto abbastanza. Non voglio diventare la "cartina di tornasole" di niente e nessuno. Se qualcuna mi vorrà, che mi venga a cercare ed è pregata di darmi prova, as soon as possible, che non sta giocando solo lei, ma che al gioco partecipo attivamente - e sottolineo attivamente - anch'io. Il gioco è bello quando ci si diverte in due, femmine e maschi, e non credo sia necessario spiegare come ci divertiamo abitualmente noi... Il resto è pura fuffa.
        Per quanto mi riguarda, infatti, errare humanum est, perseverare autem diabolicum et tertia non datur. L'esperienza dopo tutto serve, no?

                Piero Visani

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