giovedì 16 maggio 2013

Ten Days of Rain

      Piove ininterrottamente da giorni, sulla collina di Torino. Frane e franette. Acqua nelle cantine. Case umide e incredibilmente fredde, per essere a metà maggio.
      Lavoro molto, penso molto, mi interrogo. Compio ininterrotti esercizi di introspezione, cercando di restare il più possibile vicino alle mie emozioni.
      Ho davanti a me importanti scelte professionali da compiere, attività da costruire e sviluppare nel bel mezzo di una tempesta economica che chiamano crisi e che, invece, è purtroppo un declino che sta accelerando verso il collasso. L'Europa del "tutto garantito a tutti", per diritto di nascita e di Welfare State, sta approdando, per una inevitabile legge di contrappasso, verso un'Europa del "niente garantito a nessuno". E la disperazione sale.
      Non è per fare la Cassandra, attività nella quale per altro eccello, ma disegnavo questi scenari già nella seconda metà degli anni Novanta, e tutti mi ridevano, davanti e dietro. Chissà se rideranno ancora... Più facilmente, non ricorderanno le mie previsioni. Nella società contemporanea, nessuno ricorda niente, non esiste memoria storica. Solo il gusto per il non lavoro, per la vacanza (e sarebbe bene ricordare che il primo significato di vacanza è "assenza"...), per l'assentarsi da tutto e da tutti. Come se la morte potesse e dovesse non venire, se solo si prova ad esorcizzarla...
     Leggo più che mai, scrivo più che mai, parlo con me stesso, non potendo parlare con gli altri, o potendolo fare solo con pochissimi altri.
     Non mi sento particolarmente bene, non ho grande fede nel futuro, ma faccio leva sul mio sempre forte fighting spirit. E combatto, combatto.
     Conservo - e questo mi dà una gioia intima e profonda - qualche pen friend con cui scambio pareri, opinioni, impressioni.
      Conservo anche qualche vecchia amica, di norma una ex, con cui duettiamo un po', ogni tanto: lei fa la civetta e io sto al gioco e, se il gioco riesce bene, magari ci incontriamo per darci un po' di felicità. Con rispetto, sempre; con volontà di fare qualche giochino a noi caro, talvolta; con l'affetto che portano perennemente dentro di sé due persone che si sono amate, magari in tempi lontani.
       Talvolta questi incontri sono tristi, talaltra sono teneri, perché sapere di non essersi perduti, nelle tempeste della vita, è di grande conforto, dà il senso di un legame durevole, al di là delle contingenze o dei vincoli familiari e sociali che ci possono avere portato lontano, oltre ovviamente a litigi, controversie, incomprensioni.
       Un amore, anche se il tempo lo ha trasformato in un semplice affetto, è sempre qualcosa che accende il cuore e scalda l'anima. E io credo che nella vita si possano amare, in forme e intensità diverse, molte persone, di cui ciascuna apporta qualcosa di singolare, di specifico, di irripetibile.
        Non sempre si riesce a riconoscere tutto questo, specie se le separazioni sono state traumatiche, ma poi, se era amore vero, scattano piccole e grandi molle che portano a incontrarsi nuovamente, a ritrovarsi.
        Un'empatia, un idem sentire, un'affinità elettiva non vanno perduti - se ci sono stati - nemmeno se si vive a migliaia di chilometri di distanza. Perché niente si cancella, se non siamo noi a cancellare noi stessi. Ed è bello ritrovarsi, con qualche ruga in più, non per raccontarsi ciò che abbiamo fatto nel tempo più o meno lungo che è passato, ma per provare a ricostruire certe magie, a tendersi la mano, a porre i propri cuori nuovamente all'unisono, a baciarsi, a toccarsi, ad amarsi.
        L'amore - dalla calda passione all'affettuosa tenerezza - riempie le nostre vite, è la sola cosa che riesce davvero a dare loro un senso; è il solo motore che ci spinge verso gli altri.
        Voglio ringraziare tutte quelle donne - non tante, ma molto scelte, perché io sono terribilmente selettivo - che hanno saputo superare i momenti di difficoltà che abbiamo avuto e che hanno capito che il nostro amore, grande o piccolo che fosse, meritava almeno una parte della loro attenzione e hanno ritenuto di volerla condividere con me. Alcune, per evidenti motivi, non sono più giovani, ma davvero quello è l'ultimo dei problemi: i corpi invecchiano, certo, ma taluni cuori no, perché sono talmente ricchi dentro che riescono a superare con successo la prova del tempo. E, ogni tanto, è bello incontrarsi. Le strade della vita ci hanno portato su percorsi diversi, ma ciascuno di noi ricorda che l'altro, per un tempo più o meno lungo, ha rappresentato qualcosa per lui/lei. E ricordiamo/celebriamo quell'antico amore, per non perderlo del tutto, per non perderlo per sempre. E' una delle cose che mi emozionano di più, che non mi fanno sentire solo al mondo. Sono amori veri, non regolamentati o regolamentari ma veri, che hanno saputo reggere alla prova del tempo. E' dolcissimo sapere che con qualche persona, nel corso della tua vita, è scattata, in qualche momento, una scintilla reciproca. E' ancora più dolce riuscire a farle traversare il tempo, perché ti dà un senso di immortalità, non di noi stessi, ma dell'amore. E questo ritrovarci, di tanto in tanto, a decenni di distanza, ci dà la migliore conferma che i nostri sentimenti erano e sono rimasti veri. E questo vale più di qualsiasi altra cosa.
 
                            Piero Visani
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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