venerdì 14 giugno 2013

Solacium

        E' una fortuna di disporre di un piccolo ancoraggio, di una caletta, dove andare a trovare riparo. Questa caletta per me è lo scrivere e, se uno non pubblica i suoi scritti più personali e intimi, nemmeno su un blog, lo scrivere diventa un "luogo dell'anima" dove poter parlare solo ed esclusivamente con se stessi.
        Ho molto bisogno di parlare con me stesso, non solo e non tanto perché la vita mi ha esposto a terribili delusioni, da parte di persone in cui credevo, nelle quali avevo riposto molta fiducia, ma perché sono da tempo convinto dell'esistenza - tra gli esseri umani - della più totale incomunicabilità, e dunque scrivo per me, solo per me.
        Talvolta mi capita che mi chiedano perché non pubblichi i miei scritti. La risposta è semplice: perché, se non riesco a farmi comprendere a livello privato, voi pensate che mi capirebbero a livello pubblico? Sono pieno di scritti che raccolgo qua e là, ma non credo che li pubblicherò nemmeno postumi.
         Una decisione definitiva in tal senso l'ho presa nel giugno scorso, quando, pochi giorni dopo che mi aveva detto che leggeva le cose che scrivevo con estremo interesse, una persona mi scrisse che non le avrebbe lette mai più. A quel punto ho pensato di dovermi mettere al riparo dalla assurda volubilità dei lettori e ho deciso di scrivere solo ed esclusivamente per me.
         L'e-book che sto preparando sarà una semplice eccezione, in conformità al principio per cui è l'eccezione che conferma la regola. Ma le cose vere, quelle più autentiche e originali, quelle rimarranno nel mio computer. Non ha senso alcuno, infatti, che io cerchi di dialogare con i lettori sulla mia visione del mondo. Posso scrivere di saggistica, e continuerò a farlo. Posso fare il polemista politico o l'esperto di strategia. Ma non posso scrivere di me. Non riesco a farmi capire, incorro in gravi fraintendimenti, vengo giudicato malissimo, e via discorrendo. Non ho alcuna voglia di essere oggetto di massacri solo perché non amo per nulla il "politicamente corretto".
         Non ritengo di essere vivo. Ritengo di essere un simulacro o un ologramma. Faccio il mio lavoro, incontro le persone, ma io NON SONO più da tempo. Esisto in me. Esistere in me è il modo che ho trovato per sopravvivere ai massacri di vario genere di cui sono stato oggetto. E' un modo in cui mi trovo relativamente bene, che mi dà consolazione, solacium. E mi sdoppio alla perfezione: una persona è il Piero Visani che si vede e l'altra - l'unica vera - è quella che non si vede e che scrive. E che, nello scrivere, riesce a vivere una bella esistenza interiore. L'unica che mi sia rimasta, e che coltivo con amore.
 
                                     Piero Visani
 
 

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