lunedì 28 ottobre 2013

Skype

       Un volto, bene inquadrato. Un imbarazzo iniziale che presto diventa gioia, la gioia di vedersi. Uno strumento che, utilizzato mille volte per lavoro, ora assume una valenza privata, più intima, ancora abbastanza inesplorata, per me.
       Non amo granché il telefono, lo trovo un medium freddo, e ho sempre amato poco o punto Skype, valutandolo ancora più freddo, quasi algido.
       Ma è davvero così? Non è algore quello che sento ora quando lo uso, anzi è calore, entusiasmo, condivisione. Senza contare che un volto inquadrato nelle schermo di un notebook può nasconderti poco o nulla, non tanto in termini di pregi e difetti estetici, quanto in termini di espressività, di sfumature psicologiche, di luce che passa dietro gli occhi, di lampi che accendono il sorriso o lo sguardo. E che hanno su di te un forte effetto coinvolgente.
       Una persona vista dal vivo, al telefono è spesso un'altra persona, anche se cogliere le mille sfumature della sua voce è importante per sviluppare canali comunicativi alternativi e più profondi. Una persona vista dal vivo, su Skype è quasi lei, è quasi concreta, ha una propria consustanzialità che il telefono purtroppo le nega. E' lei, è viva, è davanti a te, vorresti anzi fare di tutto per abbattere quell'ultima barriera, per infrangere quell'ostacolo che ancora vi divide e che sembra quasi agevole da abbattere, fino a creare un contatto diretto, carnale.
       Naturalmente non lo è, ma, quando chiudi il collegamento Skype, il senso di deprivazione che ti coglie è più profondo di quello che ti coglie quando concludi una telefonata, poiché il contatto visuale è assai più profondo, intimo, complice. Un buon motivo per rinnovarlo, spesso.
 
                                             PieroVisani
 

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