domenica 22 dicembre 2013

2013

      La mia vita è un percorso. Non solo la mia, ovviamente, ma io posso dire di averla sempre intesa lucidamente come tale, fin dall'adolescenza.
       Come in tutti i percorsi, si incontrano persone, si fanno esperienze, si passano momenti di solitudine e altri di frenesia.
       Riservo molta attenzione a tutte le persone che incontro, poi con alcune tendo ad avvicinarmi, con altre a mantenere un atteggiamento neutro, con altre ancora a distaccarmi.
       Con le persone cui mi avvicino, amo sviluppare il dialogo, che tanto più è intenso quanto più mi piace. Sotto questo profilo, se il 2012 è stata una catastrofe, saltuariamente confermata anche nell'estate 2013, quest'anno si è dimostrato ben diverso, come se quello che a me pareva un gigantesco credito nei confronti del destino avesse ottenuto un insperato premio.
        Non intendo fare considerazioni di carattere personale, ma ci sono poche cose più gradevoli di passare dai mutismi al Logos. Non ho nulla contro i mutismi, se non un po' di insofferenza verso la sostanziale viltà che li permea. Se si dà fastidio a qualcuno, è opportuno che questo qualcuno te lo faccia notare, più o meno garbatamente, di modo che ci si possa togliere elegantemente di torno. Il mutismo è un po' sgradevole, ma ovviamente ognuno ha il diritto di scegliere le soluzioni comunicative che preferisce.
        Stupisce, a volte, pensare che si possa ritenere di essere muti nella comunicazione personale e dialettici in quella impersonale, ma, anche in questo caso, non si può pretendere che tutti condividano la mia visione olistica dell'esistenza.
         Sul tema, in queste pagine ho abbondantemente "ricordato con rabbia", ma da tempo per mia fortuna sono oltre. Ho lasciato che la mia esistenza fluisse, ho accentuato - se possibile - la mia disponibilità al dialogo e, per una volta, sono stato sontuosamente premiato.
       Ne sono ovviamente molto lieto e, al tempo stesso, vedo riconfermata da questi comportamenti - dalla massima chiusura alla massima apertura - la mia natura di uomo non banale, non a basso profilo, non ordinario, non prevedibile. Mi presento per quello che sono, avanzo la mia proposta olistica, augurandomi che possa essere accettata. Se non lo è, prendo atto. Tuttavia - e su questo credo di essere sempre stato molto chiaro - non voglio essere e non sarò mai "un uomo a metà", uno che va bene per certe cose e non per altre. Se non vado bene per qualcosa, non vado bene per niente. Giusto togliermi di torno: i ruoli residuali mi sono estranei e fastidiosissimi. Ma non ho rimpianti: ogni esperienza porta con sé un carico di aspetti positivi e negativi. Persone che ho conosciuto e perfino amato ormai non sono altro che un ricordo, più o meno sbiadito, ed è giusto che sia così. Quando ci si accorge che si ha a che fare con soggetti che non tengono a noi, è giusto reciprocamente sparire, in modo da eliminare rapporti faticosi, imbarazzi, contrasti, difficili coabitazioni, tensioni, attriti.
       Facendo tabula rasa, magari non ci si ricorderà con piacere, ma neppure con rabbia. La danza delle occasioni perdute è un tipo di ballo alquanto praticato e, alla fine, lascia in bocca un totale senso di incompiutezza e un terribile desiderio di sostituirlo con un'assoluta compiutezza. Magari, con un po' di fortuna, quando uno meno se lo aspetta, la compiutezza arriva e allora va via perfino il desiderio di guardarsi indietro, perché chi ci capisce ci illumina alla perfezione sui limiti e le chiusure di chi non ci voleva capire. E se ne prende atto. Infine placati.

                                       Piero Visani

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