sabato 14 dicembre 2013

Conflitti asimmetrici

Il manicheismo è una delle "epidemie concettuali" che vengono sempre più abbondantemente diffuse nella società contemporanea, e dalla quale è sempre più difficile restare immuni, specie se gli strumenti interpretativi su cui si può contare non sono amplissimi... Secondo una logica di pretta derivazione statunitense, abbondantemente diffusasi anche da noi, "i buoni" sono tutti buoni e i "cattivi" sono tutti cattivi. Sfumature sono impossibili. E, in mancanza delle medesime, la percezione e la comprensione della realtà si fanno più complicate.
Dato per scontato che nell'Europa meridionale stanno lievitando forme di insofferenza nei riguardi di un sistema politico-economico-sociale privo di qualsiasi progettualità che non sia quella di strangolare i cittadini comuni a vantaggio della triade euroburocrati- potentati finanziari - conventicole politiche e "misteriosofiche" di supporto, e dato per acclarato che un po' ovunque stanno crescendo le manifestazioni di insofferenza e di ribellione da parte delle vittime designate di tale sistema, da lì a poter legittimamente sostenere che siamo prossimi a una svolta ce ne corre.
Diciamo che stanno emergendo elementi e componenti interessanti, ma il mondo contemporaneo è quello della "virtualità reale" e della realtà virtuale, e, su questo sfondo, CHI è IN GRADO DI DIRE CIO' CHE E' VERO E CIO' CHE è FALSO, CIO' CHE E' SPONTANEO E CIO' CHE E' ARTEFATTO?
Nell'ondata di ribellismo generalizzato che si sta manifestando, quanti sono "rebels with a cause" e quanti lo sono invece "without a cause" e magari agiscono per conto di poteri forti, potentati, polizie, servizi più o meno segreti?
Alla fine, del resto, non conterà tanto quanto realmente sarà accaduto, quanto CIO' CHE VERRA' FATTO CREDERE CHE SIA ACCADUTO. E, ad occhio, tanto fra i protagonisti dell'esplosione ribellistica quanto tra l'opinione pubblica non mi pare che fini esegeti di questi fenomeni abbondino.
So già che mi sarà rinfacciata la PREVALENZA DEL FARE rispetto al PENSARE, ma vorrei sommessamente obiettare che quello che io sostengo è essenzialmente l'importanza del FARE DANNO (agli altri) piuttosto che correre il rischio di FARSI AUTOGOL.
In un conflitto asimmetrico - tale è infatti quello di cui si prospettano in questi giorni le prime avvisaglie - il rischio di cui sopra è formidabile, poiché l'intima essenza della guerra asimmetrica è "la sconfitta del vincitore". Attenti dunque a non vincere per conto terzi, non avendo neppure ben individuato la natura di tali terzietà o, all'inverso, a non trasformare un sistema politico ormai decotto nell'unica ancora di salvezza di quanti temono un salto nel vuoto che stanno già compiendo, e che finirà malissimo, ma di cui non si rendono conto, perché il sistema politico dominante è assai attento a cercare di occultarglielo.
Occorre un fine disegno strategico e pochi Masanielli, perché grave è il danno che può scaturire dal "regalare terre promesse a chi non le mantiene".
Le "terre promesse" ci possono essere, ci sono, ma sono frutto di lucidi disegni politici e della capacità di metterli in pratica. L'attuale ribellismo è comprensibile, ma il grossolano qualunquismo di cui si ammanta non mi pare che gli giovi granché.
                                   Piero Visani
 

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