sabato 12 luglio 2014

Cronaca di una morte annunciata


       Le aziende chiudono.
       Quando non chiudono falliscono.
       Quando non falliscono vanno all'estero o vengono comprate da grandi gruppi stranieri.
       I lavoratori vengono licenziati.
       I giovani non trovano lavoro e devono fuggire all'estero.
       Le politiche di austerità, avviate all'inizio degli anni Novanta, dopo oltre un ventennio vedono il debito pubblico aumentare inesorabilmente giorno dopo giorno, e dunque non servono palesemente a niente, se non ad alimentare la famelica ingordigia del regime.
       La proprietà privata - a parte quella della casta - è ormai considerata a pieno titolo un furto e viene espropriata in genere grazie al ricorso a una tassazione folle, esercitata con stile inquisitorio a carico di tutti coloro che ancora "osano" detenerla.  
       La realtà quotidiana degli italiani sono le cartelle di Equitalia, i sequestri, i pignoramenti e ovviamente i suicidi.
       Su questo sfondo, il governo si occupa da settimane della riforma del Senato, e non di altro, mentre il giullare che lo presiede promette a ogni piè sospinto "magnifiche sorti e progressive".
       Tutto ciò a me appare come un disastro senza precedenti, come la "cronaca di una morte annunciata" ormai misurabile - del resto non lo dico io, ma la relazione semestrale dei servizi segreti - in mesi, non più in anni.
       Vedo che ci sono ancora in giro degli ottimisti e penso che forse la realtà che vedo io è un'altra, in quanto, come lavoratore autonomo, constato quotidianamente la completa scomparsa del mercato e del denaro che in esso circolava, ormai esaurito dalla voracità del Leviatano statale.
       Il disastro non è alle porte, ci siamo già ben dentro e non potrà che accelerare, e lo farà a breve, con richieste di esazione sempre più esose, perché - secondo la logica del "mors tua vita mea" - se la casta vuole salvare se stessa, deve necessariamente uccidere noi. O viceversa...
       Spero questo ormai sia chiaro. E purtroppo, inermi come siamo, ci vedo già morti, o in fuga, sempre che non blocchino le nostre frontiere colabrodo e le rendano aperte a tutti, meno che agli schiavi italioti, condannati a servire per sempre nelle patrie galere; a cielo aperto, ma sempre galere. Senza uno straccio di speranza e uno straccio di futuro. Tuttavia, penso sempre che non ci siano uomini più lucidi di quelli che stanno perdendo tutto, ma proprio tutto, e si avviano ad avere le spalle al muro.

                      Piero Visani


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