sabato 23 agosto 2014

Don't worry, be happy

       Negli ultimi giorni, forse a seguito di qualche post, alcuni amici di Facebook mi hanno espresso - talvolta in forma ironica, talvolta in forma seria; a volte privatamente, a volte pubblicamente - la loro preoccupazione per talune mie prese di posizione, che evidentemente essi hanno considerato "sopra le righe".
       Innanzi tutto li ringrazio per questa loro preoccupazione, che può avere varie motivazioni, ma che mi fa sempre e comunque piacere. Poi però vorrei chiarire il mio pensiero.
       Per carattere, sono refrattario alle prese in giro e agli atti di ostilità. Non ho problemi con gli atti di ostilità aperta, in quanto è del tutto normale e legittimo che molte persone mi siano ostili. Ho invece molta prevenzione nei riguardi delle congiurette, delle fregaturine, dei tentativi di prendersi gioco della mia grande disponibilità personale e umana.
       Inoltre sono molto ma molto ostile a chi attenta alla mia personale ricerca della felicità. Sono molto ostile, da sempre, alla società in cui vivo, che mi ha costretto a moltissimi cambiamenti professionali nel corso della mia esistenza: non ho potuto diventare docente universitario perché, nell'università di Torino, all'inizio degli anni Settanta, non avevo un pedigree di Sinistra.
       Quando ho aderito alla Nuova Destra, sono finito dritto nelle fila dei reietti e dei paria, degli "esuli in patria". E ci sono rimasto a tempo indeterminato.
        Quando ho lavorato per le istituzioni, ero sempre quello che non legava l'asino dove voleva il padrone.
       Ho pagato molto caro tutto questo. Dovrei amare chi me lo ha fatto pagare? Con il tempo, mentre tutti mi dicevano e mi chiedevano di cambiare, la mia ostilità è aumentata, perché non intendevo vendere la mia libertà ad alcuno.
       Mi sono arrangiato, mi sono inventato mille mestieri, e sono rimasto libero.
       Dovrei essere grato a qualcuno per questo trattamento? Dovrei amare la società occidentale? Dovrei farmene difensore? Aggiungete a questo che sono radicalmente anticristiano, e il quadrò sarà completo.
       Non c'è da preoccuparsi, per me. Io non sono quel che sembro. Io non sono mai quel che sembro. Non sono alla ricerca di rivincite. Semmai, sono alla ricerca di vendette.
       Di natura, non sono per niente velleitario e tendo a farmi i fatti miei, ma mi sarà consentito almeno sperare di poter un giorno non dico pareggiare i conti, ma tentare di farlo. Se ne avrò l'occasione, tenterò.
       Non c'è nulla di rivoluzionario, distruttivo o iconoclastico in tutto questo. C'è solo - come ho scritto eloquentemente ieri - il terzo principio della dinamica (comportamentale): "ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria" . Io ritengo di essere stato oggetto, in vita mia, di molte azioni negative da parte di soggetti pubblici e privati. Dove ho potuto, ho pareggiato subito i conti; dove non ho potuto, mi riservo di farlo se e quando sarà possibile.
       Tutto qui, tutto molto semplice. Ci sono persone che - del tutto legittimamente - giudicano questo mio atteggiamento come molto distruttivo. Io lo ritengo invece pienamente costruttivo e del tutto adatto a me e al mio carattere. Mon Pays [e non solo lui...] m'a fait mal. Dovrei accettarlo in silenzio e senza reagire? Non fa per me. Sono vecchio, debole, povero e inerme, ma la volontà di combattimento non mi manca. Farò la fine di chi ha scritto le parole che ho testé citato, cioè Robert Brasillach? Può darsi, ma l'importante è esserne consapevoli. E' un'opzione, una delle tante possibili. Ma non intendo essere sempre io a subire in silenzio. Non ho la mentalità del vinto o del servo. Ho quella del ribelle.

                   Piero Visani

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