giovedì 8 gennaio 2015

Mozione degli affetti

       Ho cominciato ad apprezzare e "amare" la società in cui vivo quando, a 14 anni (1964), iscritto alla "Giovane Italia", organizzazione giovanile missina, nel liceo classico "Massimo d'Azeglio" di Torino, mi è stato fatto capire, senza troppi giri di parole, che ero "figlio di un dio minore".
       All'università fui un po' più prudente, anche perché erano anni difficili, e divenni assistente del professor Alessandro Galante Garrone, docente di Storia del Risorgimento. La mia specialità era - allora come ora - la storia militare, ma dovevo declinarla in un certo modo, altrimenti sarebbero stati guai.
      Quando me ne andai, facendo outing (come si direbbe adesso) dei miei orientamenti politici, subii una damnatio memoriae che non è più cessata.
       Successivamente fui assistente dell'ambasciatore Sogno, ottima persona, ma che mi correggeva gli articoli scritti per varie riviste, se non erano sufficientemente "atlantici"...Idem dicasi quando divenni consulente di varie istituzioni.
        Sono rimasto tre decenni, in quel mondo, odiando tutto quello che facevo e spesso chiedendomi perché lo facessi.
       Quando me ne sono andato, aprii una società di consulenza che dopo un decennio incappò nelle attenzioni del fisco, per comportamenti poi sanzionati dal tribunale come assolutamente legittimi, ma dovetti chiudere.
       Da allora, vivo alla giornata, perché di "inchini" ne ho fatti anche troppi, e non ne voglio fare più. Non ho proprietà di sorta e so già che finirò male, ma sono un uomo libero. Nessuno mi affida commesse, né importanti né di piccolo cabotaggio. Mi arrangio da me, con le mie forze e la benevolenza di qualche amico.
       Quando sento che la società occidentale emette alti lai, ritenendosi sotto attacco, devo proprio dire che non piango, anzi. Mi dispiace solo di non essere più giovane per poterle restituire, con gli interessi, tutto l'affetto e la libertà che mi ha dato.

                                  Piero Visani




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