venerdì 9 gennaio 2015

Tamburi lontani

       Suonano, suonano sempre più forte. Un rumore distante che si avvicina e si fa ossessivo: "Siamo in guerra!", "occorre punirli!", "siamo minacciati!", "il nostro modello di vita è messo in pericolo!".
       Un sorriso amaro mi contrae il volto. Sarà perché da sempre sono un "nemico del genere umano", ma tutto questo "garantismo" non me lo sono mai sentito addosso e la stessa cosa ritengo valesse anche per Charlie Hebdo, quando toccava chi non si deve toccare.
       Fin dalla gioventù, sono pesantemente misantropo, per cui non mi sorprendo di nulla, ma due cose mi fanno parecchio sorridere (tristemente):

1) per gestire crescenti tensioni interne, man mano che si fanno più forti, gli Stati (e gli arcana imperii che li sostengono) cercano sempre dei nemici esterni, per ricostituire una qualche forma di union sacrée. E gli stolti, che sfortunatamente abbondano, ci cascano come pere.

2) il sempre più spiccato predominio della virtualità reale sulla realtà virtuale rende possibile qualsiasi forma di manipolazione, in termini finora sconosciuti, storicamente parlando, per cui è difficile davvero capire qualcosa, anche se si attinge alle fonti più disparate.

        Mi sorge inevitabilmente un dubbio: se parto dalla premessa che il rifiuto dell'orrore implica, pressoché inevitabilmente, l'accettazione dell'esistente, sempre più sarò portato ad accettarlo, perché questo almeno mi terrà lontano dall'orrore. L'importante è che mi tenga al tempo stesso lontano DALLA RIFLESSIONE SULLA NATURA PARIMENTI ORRIFICA DI CIO' CHE ESISTE, e che spesso viene lodato come esemplare.
            A questo punto, per quanto mi riguarda, non mi servono altre domande, né altre risposte. Se anche fossero diversi (e non ne sono in alcun modo convinto) i somministratori, per me - piccolo atomo che gli imbonitori definiscono, con grandissimo senso dello humour - "libero", non cambierebbe nulla: mi sarebbe solo riservata la possibilità di scegliere tra due forme di morte, quella tramite Kalashnikov e quella tramite asfissia economico-fiscale. Io so soltanto che la seconda è molto più lunga e dolorosa, ma ovviamente si è liberi di preferirla. MA SEMPRE DI MORTE SI TRATTA, NON DI VITA. DI VITA, IN TUTTO QUESTO ORRORE VARIAMENTE COSTRUITO, NON VI E' PIU' ALCUNA TRACCIA.
       Devo morire e, francamente, se me lo chiede l'Europa, o me lo chiede l'ISIS, non ci vedo grande differenza. Di vita, infatti, nei due casi neanche l'ombra.

                            Piero Visani







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