lunedì 30 marzo 2015

Dialoghi... e monologhi

       Uno dei limiti maggiori che si riscontrano nella comunicazione contemporanea è dato dal fatto che sovente si definiscono dialoghi quelli che in realtà sono semplicemente monologhi fortemente autoreferenziali.
       La cosa è evidente già a livello di relazioni personali, ma si accentua ulteriormente su social network come Facebook, dove non è improbabile aprire canali di dialogo anche con perfetti sconosciuti, ma dove in molti casi si finisce per restare tristemente sorpresi dal fatto di risultare presto semplici terminali di monologhi.
        Il dialogo, infatti, presuppone una qualche forma di "accettazione dell'altro" che in FB proprio non esiste, se non che con alcuni "spiriti eletti". Per il resto, il dialogo esiste SOLO se si accetta consapevolmente il ruolo di essere il terminale di un monologo. 
       A me è capitato un'infinità di volte e non ho ovviamente nulla di cui lamentarmi, se non un certo fastidio per essere accettato se mi conformo ad un canone altrui. Il problema, per me, è che non mi sono mai conformato a canoni altrui e così - altro aspetto divertente - divento ricettacolo di "sanzioni". La cosa è talmente buffa di risultare perfino divertente, ma non vorrei farne una colpa a Facebook o ad altri social network. Il fatto è che oggi si è accettati se si è come ci vorrebbero gli altri, singolarmente o globalmente presi. La possibilità di mantenere una propria individualità non è proprio presa in considerazione. L'unico comportamento che pare avere legittimità è accettare passivamente di diventare una proiezione dell'immagine che "l'altro" ha di te e - corollario non trascurabile - del ruolo che vorrebbe assegnarti nel suo universo. Nel suo, per l'appunto, non nel vostro, ammesso e non concesso che ne vogliate costruire uno insieme.
       E' per questa ragione che tendo all'isolamento, perché mi garantisce maggiore libertà. Se devo entrare in universi altrui, per diventare strumentale ai medesimi, cesso di detenere qualsiasi identità e, se magari divento interessante per gli altri, smetto di esserlo per me. Se c'è una canzone che non mi piace - tanto per creare una colonna sonora a tutto, abitudine a me cara - questa è: Sono come tu mi vuoi... Direi proprio di no e credo sia questa mia pervicace capacità di resistere a tali tentativi che mi salva e mi ha sempre salvato, come individuo. Faccio orrore - molto probabilmente - ma almeno sono io...

                    Piero Visani