mercoledì 18 marzo 2015

Gli "eroi dei due mondi"

       Nel mondo del totalitarismo "politicamente corretto" contemporaneo, i livelli di libertà sono talmente elevati che è sufficiente che un noto stilista (Domenico Dolce), dichiaratamente gay, si lanci in un elogio della famiglia tradizionale perché parta il linciaggio dei seguaci della political correctness, i quali addirittura invitano a "bruciare i suoi abiti", palese premessa del fatto che - più presto di quanto non si pensi - il rogo (non più metaforico) non toccherà alle creazioni del noto stilista, ma proprio al medesimo. Al rogo, al rogo! La sorte riservata ai "dissidenti" nelle società "notoriamente" più "libere"...
       Quindi il destino dell' "eroe del primo mondo" è segnato. Resta la sorte degli "eroi del secondo mondo" e qui cambia tutto, radicalmente. Se prima la semplice espressione di un'opinione era stata sufficiente ai fautori del totalitarismo plebiscitario per pronunciare le loro inappellabili sentenze, gli atti degli "eroi del secondo mondo" sono sempre bisognosi di accertamenti più approfonditi. Occorre una sentenza, ovviamente di terzo grado, prima che qualcuno di questa categoria di privilegiati possa essere ritenuto colpevole di qualcosa e - naturalmente - nella deplorevole ipotesi in cui ciò dovesse accadere, il sistema giudiziario avrà già fatto in modo che tutto cada "tempestivamente" in prescrizione.
       Stupisce il silenzio su alcuni aspetti fondamentali: i politici italiani sono in media alquanto moralisti e la loro stucchevole retorica si incentra abitualmente sul fatto di un diuturno impegno a difesa del genere umano. Se però la realtà pare indicare che tale difesa non è propriamente a 360°, ma lascia aperti ampi vuoti dove loro stessi possono passare - non impuniti, ma esentati a priori - allora c'è qualcosa che non va.
       Perché, da questo punto di vista, è lecito parlare di "due mondi"? Perché il mio mondo di cittadino medio è fatto di difficoltà costanti, di impossibilità di trovare lavoro e/o mercato se non mi alzo alle sei del mattino e lavoro fino a notte fonda. La mia libertà di espressione è nulla, altrimenti mi linciano; il mio diritto di voto non vale, tanto gli eletti sono dei cooptati o degli "imposti dall'alto". Il mio unico diritto di cittadinanza consiste nel pagare tasse sempre più elevate e folli, e vivo perennemente nell'angoscia. E questa hanno pure il coraggio di chiamarla "libertà"...
       Su questo sfondo, un tempo - quando ancora tale virtù esisteva - si sarebbe fatto ricorso a una qualità detta "buon gusto", ma oggi ministri della repubblica (delle banane) possono parlare liberamente al telefono di appalti, di decisioni, di privilegi, di "scorciatoie", come se nulla fosse, come se si trattasse della partita di calcio della sera prima. E mentre io mi devo dannare l'anima per trovare un posto di lavoro a mio figlio, il loro è già stato chiamato e assunto da qualche parte per far piacere a papà, per un'azione che i latini avrebbero definito di captatio benevolentiae, ma oggi il latino non lo sa più nessuno, ergo...
       Quanto al Rolex regalato ai figli del ministro, che volete che sia? Mediamente un cittadino italiano non guadagna nemmeno 18.000 euro l'anno, dunque come fa a spenderne 10.000 per un orologio di lusso? E, ammettendo che decida di fare la pazzia, l'avrà fatto senza sperare in un ritorno...?
       Il moralismo è una gran brutta bestia, poiché divide il mondo in beati possidentes e "servi della gleba". Io so bene di esserlo, un servo della gleba, e di vivere nel più buio dei medioevi. Come molti miei compatrioti, non ho il coraggio di fare quello che occorrerebbe fare, vale a dire ribellarsi in tutti i modi e le forme. Tuttavia, a differenza di molti miei compatrioti, io so di essere un servo della gleba e non mi va granché di esserlo. So pure che esistono due mondi: se io sono così stupido da lasciarmi rinchiudere nel primo, sarei grato agli esponenti del secondo di non passare gran parte del loro tempo a farmi la morale e, al tempo stesso, a prendermi per i fondelli o a far finta che i nostri due mondi siano in realtà uno solo. No, signori miei, il mio è il mondo dei servi, il vostro è quello dei padroni. Siamo alla schiavitù. Tuttavia, il bello della Storia è che essa è divenire. Il fatto che oggi tutti l'abbiano dimenticato, o preferiscano dimenticarselo, non significa che la sua intrinseca natura sia cambiata. I "due mondi" oggi sono così, ma non lo saranno in eterno:

Oltre il monte
c'è un gran ponte.
Una terra senza serra,
dove i frutti son di tutti.
Non lo sai? 

       "Sic semper tyrannis".

                                             Piero Visani