giovedì 7 maggio 2015

Valdostana

       Io sono valdostano solo al 50%, per parte di madre. Ho sempre amato molto la Valle, molto meno gli abitanti della medesima.
       Devo però dire che la loro rustica e montanara riluttanza a farsi vittime di "politiche di accoglienza" che riguardano sempre gli altri, mai chi le propone a cuor leggero, non mi dispiace affatto.
       La Val d'Aosta, nella definizione dei suoi abitanti e delle sue stesse tradizioni, è una "pétite Patrie" e il bello delle "piccole Patrie" consiste proprio nel poter essere padroni a casa propria, il meno possibile preda di universalismi, mondialismi, politiche di accoglienza decise altrove, etc. etc.
       Se una persona decide di venire a vivere a casa mia, dovrà:
1) essere stata invitata;
2) essersi autoinvitata e - nel caso - essere stata accettata;
3) avere invaso la mia casa a forza (nel qual caso, per quanto mi riguarda, cercherò in qualsiasi modo - lecito e no - di sloggiarla).

       Il caso valdostano è esemplare, anzi paradigmatico, di "politiche di accoglienza" totalmente autoreferenziali, che si potrebbero sintetizzare con uno slogan truce ma chiaro:

IO FACCIO LE POLITICHE, VOI L'ACCOGLIENZA...

       Espresso in questa forma, esso si manifesta esattamente per quello che è, una gigantesca presa per i fondelli, da parte di chi l'accoglienza, nelle proprie ville nel basso Monferrato (non cito propriamente a caso...) non mi risulta praticarla.
       Trovo favolosi - ai fini del chiarimento della reale natura delle dinamiche democratiche - questi processi in cui ALCUNI (POCHI) DECIDONO E GLI ALTRI PASSIVAMENTE ESEGUONO. E, SE DICONO NO, SONO OGGETTO DI QUALSIASI TIPO DI DISCRIMINAZIONE E SANZIONE. MA NON SONO LE DITTATURE I REGIMI IN CUI SI DEVE DIRE SEMPRE SI'...?
       Peccato che gli italiani non se ne accorgano, perché sulla deriva sempre più autoritaria in atto ci sarebbe molto da dire

                         Piero Visani