venerdì 13 novembre 2015

Letture


       Ho cessato di leggere in maniera organica quando la mia famiglia è passata da 3 persone a qualche milione. Devo infatti lavorare dal mattino alla sera per mantenere tutti quelli che vogliono una parte significativa dei miei già non sconvolgenti redditi: politici, burocrati, gabellieri, "bravi", guardie di questo e di quello. Insomma, la solita "compagnia di giro" dello statalismo italico.
       Ridotto come sono in schiavitù - e tutti i seguaci di Abe Lincoln che vedo si guardano bene dal promettermi "proclami di Emancipazione", ma sanno solo chiamarmi "cane schiavista" (hanno un fortissimo senso dello humour, questi signori, perché dare dal "cane schiavista" a un loro schiavo richiede non poca immaginazione...) - leggo i libri che mi capitano sotto tiro e, avendone più di diecimila, l'unico modo per sceglierne uno è che mi ci cada l'occhio sopra, in quanto li tengo rigorosamente in ordine (adoro il Cosmo, di modo che mi ci possa perennemente inserire io, in funzione di Caos; dinamica che tendo a introdurre anche in altri ambiti, non sempre compreso... o ben accetto).
       Qualche giorno fa, l'occhio mi è caduto su una ben nota opera di James Hillman, "Un terribile amore per la guerra", patologia che condivido con l'autore e e che, dopo essermi insorta intorno ai quattro anni di età, non mi è mai andata veramente via del tutto.
       Lo sto rileggendo "con mucho gusto" - tra una corvée e l'altra in favore del sistema che mi vuole tanto bene - e magari ci tornerò su con un post, à la De Gregori: "Hanno ammazzato [Pedro], [Pedro] è vivo...!".

                                Piero Visani