sabato 30 gennaio 2016

La realtà italiana


       Un povero negozietto di sarta/rammendatrice, hinterland torinese. La titolare è in lacrime. "Volonterosi carnefici" hanno eseguito a suo carico il fermo macchina" per qualcosa di non corrisposto.
       La donna è anziana, si chiede come potrà arrivare al suo posto di lavoro, ora che non può più usare l'auto.
         Piange disperata, davanti a mia moglie e a me. Si vede rovinata, e lo è, ovviamente.
       Non c'è nulla di più pedagogico che vedere un sistema politico in funzione nella realtà di tutti i giorni. Non nella retorica di regime, ma nella lucida estorsione operata a carico di chi deve contribuire a pagare le "pensioni d'oro" dei politici e dei boiardi di Stato.
       Il dolore, la sofferenza, la pena si tagliano con il coltello. Soffro anch'io, ma resto sereno, sono uno storico e un giacobino. La prima qualifica mi è indifferente, la seconda la adoro, anche se a molti non piace.

                       Piero Visani

venerdì 29 gennaio 2016

Il perturbatore

       Un amico e coetaneo mi sorride - con bonomia mista a un accenno di compatimento - chiedendomi tra il serio e il faceto (ma più vicino al primo che al secondo) come io possa essere così radicalmente ideologico nella mia visione del mondo, malgrado lo scorrere del tempo.
       Ci penso un po' su e mi chiedo - tra me e me - in che cosa io sia davvero cambiato. A me pare davvero in poco. Mi sono sempre accostato al mondo per offrire qualcosa, non per prendere. A tutti i livelli e in tutti i campi. Ho masticato bocconi amari, ma ho molto conosciuto e molto rischiato.
       Sono stato spesso messo all'indice, forse più a livello personale che ad altri, ma anche di quello non sono pentito. I bigottismi, comunque mascherati, sono sempre noiosissimi, e il "vivere di meno" è infinitamente più insoddisfacente e noioso del "vivere di più".
      Così, tirando le somme, non penso minimamente di aver "vissuto ideologicamente", ma di aver vissuto in conformità alle mie idee. Ho lanciato molto sovente stimoli, assai raramente raccolti. Tuttavia, quando sono stati raccolti, credo siano stati interessanti.
       Ancora oggi ne lancio moltissimi, ma non è un vezzo o una provocazione, è solo il mio modo di vivere, di affrontare la quotidianità. Difficile che arrivi a sera senza aver letto un capitolo di un libro, un articolo, senza aver visto lo spezzone di un film o di un serial, senza aver ascoltato della musica, senza aver indagato su qualche tema culturale che, nel corso della mia giornata, abbia attirato la mia attenzione.
      In definitiva, ho passato la mia vita a cercare. Mentirei se dicessi che ho trovato, ma certo ci ho provato. Tre-quattro persone che mi abbiano apprezzato le ho incontrate: potevo pretendere di più? E poi - come mi è stato detto a suo tempo - sono (e resto) un grande perturbatore. E anche se chi me lo disse non voleva assolutamente farmi un complimento, a mio avviso me lo fece, grandissimo. Al punto che è una definizione che mi porto dietro con estremo affetto. Sì, sono un perturbatore e tutti i miei (molti) problemi e i miei (pochi) successi nascono proprio da quello: adoro destare turbamento. Si tratta di un ottimo viatico per incorrere nella damnatio memoriae, ma serve ad incontrare se stessi specchiandosi negli altri, e viceversa. Quando tale specularità nasce, si è felici.

                                        Piero Visani



Mio padre non era fascista


       Non ce n'erano, in famiglia. Poiché detesto i conformismi, mi parve utile - da giovane - rimediare... Ora sono qualcosa di più complesso e stratificato, ma che le famiglie abbiano tutta questa influenza, mi pare eccessivo. "Diventa ciò che sei", scrisse il filosofo. Mi sono attenuto al suo insegnamento.

                                  Piero Visani

martedì 26 gennaio 2016

Le piccole patrie


      Sono i luoghi (non necessariamente fisico-geografici) ove oggi ci si incontra con i pochi, i pochissimi, con cui si condivide non una visione del mondo, ma una percezione emotiva del medesimo. Là dove i nostri cuori turbati dall'orrore in cui sono immersi trovano un minimo di consolazione, un po' di carburante psicologico per andare avanti, sia pure a fatica. Senza questi luoghi, senza gli "(un)happy few" che li popolano, sarebbe il deserto, il deserto assoluto. Una condizione invero non pericolosa, ma triste. Invece un po' di "solacium", ogni tanto, arriva e, per qualche breve attimo, si respira.

                                  Piero Visani

Somministrare i "sacramenti"


       Breve ma interessante servizio, nel Tg5 delle ore 20, di Fausto Biloslavo sull'impegno militare russo in Siria. Nessuna tiritera di "politicamente corretto", ma evidente impegno a tirare bombe e affini, e a farlo con efficacia, con l'augurio che i nemici vadano dove devono andare.
       I militari occidentali saranno inorriditi: loro variano tra le "photo opportunities" con bambini, vecchi e partorienti, e devono nascondersi, se per caso sparano, altrimenti le "anime belle" soffrono.
     Qui ai nemici viene semplicemente promessa (e auspicabilmente mantenuta...) la morte, come è compito di chi fa questo mestiere, che non è più obbligatorio in molte parti del mondo, per cui, se lo scegli, dovresti almeno sapere perché lo fai (anche se uno stipendio fisso e un'indennità di missione (vero...?) fanno sempre comodo)...
      Sentire un generale che dice "li abbiamo spazzati via" è assolutamente consolatorio per le mie orecchie avvelenate dall'occidentalismo. Per le tirate "buoniste" ci sono i politici e compagnia cantante. I militari hanno compiti precisi. Se non piacciono, andare nella Protezione Civile...

                              Piero Visani

Atto di forza

       Ci fu un momento, nel corso della mia vita recente, in cui mi venne implicitamente richiesto di adeguarmi a una situazione che non avevo in alcun modo contribuito a creare, ma che era stata edificata grazie a scaltri "spostamenti progressivi del (dis)piacere". Rimasi un po' sorpreso dalla trappola in cui ero andato inconsapevolmente a cacciarmi, perché mai e poi mai avrei immaginato che si potesse pensare di rendere un soggetto con un carattere come il mio vittima di un atto di forza o di una situazione senza vie d'uscita.
       Ci pensai 39 nanosecondi, poi mandai tutto all'aria con una violenza (verbale e fattuale) di cui ancora oggi vado fiero. Non c'è nulla di più gradevole del rimanere fedeli a se stessi, costi quel che costi.

                     Piero Visani




                                   

lunedì 25 gennaio 2016

I mezzemaniche della (presunta) alterità

       Uno degli aspetti più divertenti di questo periodo di finta trasgressione è che gli omosessuali, i "diversi", tutti coloro che, in un modo o nell'altro, avrebbero tutto l'interesse a sottolineare la loro alterità, sono in realtà soggetti che hanno una concezione altamente burocratica e burocratizzata della loro presunta "diversità" e sono alla disperata ricerca di garanzie di tutti i tipi.
       Questa cosa mi diverte moltissimo, perché - ai miei occhi - un "diverso" che cerca disperatamente di diventare "uguale" è tutto meno che un vero diverso, ma è una specie di mezzemaniche della presunta alterità. Uno che cerca tutele, pensioni, garanzie, riconoscimenti, status. In un parola: UGUAGLIANZA.
       Una delle più evidenti attestazioni di quanto lo statalismo sia diffuso in questo Paese è data proprio dal fatto che i "diversi" cerchino l'alterità "garantita", in modo da risultare un po' meno diversi e un po' più uguali. Non ho nulla contro di loro, perché per me le inclinazioni e le scelte sessuali sono un fatto personale e privatissimo. Mi sorprendono alquanto, invece, le loro scelte sociali, che sono tutto meno che libertarie. Omosessuali con la rete, libertari con la mutua, trasgressori dal garantismo più bieco. Il trionfo della normalità più bigotta. Se fossi un vero "diverso", ci terrei molto alla mia unicità. Qui, invece, si vuole assistenza dalla culla alla tomba, anche e soprattutto quando ci si pretende diversi, mentre in realtà si è pateticamente, bigottamente, noiosamente eguali. Tristezza.

                                       Piero Visani



Il crollo totale

       Produzione industriale in caduta libera; valutazioni internazionali di fonte attendibile che pongono l'Italia al secondo posto tra i Paesi peggio governati al mondo, dietro al Venezuela; bande criminali che spadroneggiano in lungo e in largo, senza che nessuno tenti di fermarle; consiglieri regionali che non pagano le tasse, fregandosene bellamente delle ingiunzioni.
        L'Italia è ancora uno Stato? Pare una domanda del tutto retorica: ovvio che no. Ne sopravvive, ma solo come finzione, qualche funzione, ad esempio quella della fiscalità, perché anche le farse hanno bisogno di soldi per continuare ad essere rappresentate. Quanto al resto, un crollo totale di legittimità e ciascuno che cerca ovviamente, nel collasso generale, di trovare una propria via di fuga e salvezza.
       Nel bel mezzo di tutto questo, qualche simpatico scioccone si prende ancora sul serio e ci parla - da vari pulpiti - come se questo Paese esistesse ancora. Suvvia, siamo seri: l'unico residuo di Stato che è rimasto in Italia è quello di un fisco da rapina ed è sopravvissuto non a caso ma perché, senza l'imposizione fiscale, il sistema non sopravviverebbe a se stesso e non avrebbe denari per mantenere i propri membri e i propri clienti.
       Ormai le funzioni dello Stato italiano si sono esaurite e sono rimaste solo le finzioni. Dolorose, ma del tutto inutili, e nessuno si sente più motivato ad agire per il "bene comune", perché, nel solo farvi riferimento, gli si affacciano alla mente certi volti che lo inducono alla fuga, per il suo bene personale e privatissimo.
       E' tutto finito, ma un formale atto di morte gioverebbe assai di più che questa ridicola agonia.

                         Piero Visani




domenica 24 gennaio 2016

Giudici

       Di tanto in tanto leggo commenti di miei amici di Facebook o di perfetti estranei sui giudici italiani e sulle modalità con cui sentenziano. Mi stupisco dello stupore e al tempo stesso mi conforto: evidentemente tutti questi amici od estranei non hanno mai avuto a che fare, per loro fortuna, con la giustizia italiana. Se fosse loro accaduto - anche soltanto, come a me, per modeste cause civili - si guarderebbero bene dal formulare affermazioni tanto avventate. Li vedano all'opera, li sentano parlare, prima ancora che sentenziare, e avranno molto su cui riflettere. E, a quel punto, cominceranno a stupirsi del loro stupore.

                        Piero Visani



Il mondo del fisco: un mondo di pazzi... e ladri

       L'attuale costo del petrolio al barile e quello della benzina alla pompa dimostrano, con un'evidenza difficilmente eguagliabile, che cosa sta distruggendo le nostre vite: il fisco, cioè quanto serve a mantenere un sistema politico-burocratico basato sul furto legalizzato e sullo "stipendio di cittadinanza" (perché mantenere milioni di persone a fare finta di lavorare in uffici dove si fa nulla e meno ancora si produce, altro non è che elargire uno "stipendio di cittadinanza", vale a dire una componente fondamentale del "voto di scambio" tra sistema politico e cittadini nullafacenti, lieti di esserlo).
       In una situazione di crisi dell'economia mondiale, in cui la soluzione più semplice per agire in positivo sarebbe quella di rendere disponibili strumenti per il rilancio dell'economia, malgrado una commodity fondamentale come il greggio costi attualmente poco o nulla, il peso del gettito fiscale su di essa è tale da consentire solo minimi ribassi di prezzo. Il tutto, ovviamente, nell'indifferenza generale. Ormai che fisco e sistema politico burocratico succhino sangue come vampiri è un dato acquisito e condiviso.
        Come tutte le civiltà già morte, quella europea - morta anch'essa - è in pieno rigor mortis e non dà alcun segno di reazione. Fisco assurdo e "stipendi di cittadinanza" sono per essa un dato consustanziale. Amen.

                 Piero Visani






sabato 23 gennaio 2016

I conti in pareggio

       Ne parlavo oggi con una persona: che bello sarebbe avere i conti in pareggio con tutto il prossimo: torti subiti, prese in giro esperite a mio danno, piccoli e grandi inganni! Se dovessi esprimere un desiderio per il 2016, riparare i torti subiti sarebbe tanto bello da soddisfare.
       Dicono che il desiderio di vendetta inquini l'animo di chi lo prova, ma io non riesco a concepirlo come tale. Per me è solo una modalità per rimettere alcuni conti in pari e - per riuscirvi - io sarei disposto a fare molti sacrifici. Non amo che le persone vengano trattate come pedine e, con chi lo ha fatto con me, non avrei pietà. Non amo che la vita delle persone sia oggi diventata un'unica e ininterrotta occasione di ricatto/i. Non amo che, dopo averli tentati con me e dopo esserseli visti respingere brutalmente al mittente, le persone facciano le verginelle offese, quando sono loro che hanno cominciato ad offendere e sono vergini come la più gettonata delle peripatetiche...
     Se aggredisco/offendo/colpisco qualcuno, lo faccio deliberatamente e con intima gioia. Dopo aver scagliato una pietra, non nascondo mai la mano e nego ogni responsabilità. Troppo facile. Mi auguro semmai di aver colpito in pieno l'obiettivo e di avergli inflitto gravi danni. Ma aggredire negando poi di aver cercato di colpire, se solo si viene scoperti con le mani nel sacco, non è nemmeno da vili, è da borghesucci. Lo so, i due termini sono sinonimi, ma meglio specificarlo. Tengo conto di tutto e, se dovessi veder annegare qualcuno con cui i conti non sono in pari, mi girerei da un'altra parte, se mi è simpatico; gli/le augurerei una buona nuotata, se mi è un po' meno simpatico. La lista è lunga e la tengo costantemente aggiornata: nella vita, le cose cambiano e, se oggi sei sotto, domani potresti essere sopra e dare sfogo alla splendida memoria d'elefante che ti ritrovi...

                                Piero Visani


                 

Napoleonica - Cavalleria della Guardia Imperiale: 3 - Cacciatori a cavallo

       I Cacciatori a Cavallo della Guardia Imperiale furono il reggimento prediletto di Napoleone, il quale, per tutto il periodo dell'impero, ne indossò molto spesso la piccola tenuta da colonnello (alternandola più raramente con quella di colonnello dei Granatieri a piedi), ben più modesta e sobria, peraltro, della rutilante tenuta da parata del reggimento (cfr. immagine).
       Anche se ogni giorno si alternava, a servizio di scorta dell'imperatore, uno squadrone dei vari reggimenti della Cavalleria della Guardia, il servizio diretto alla persona di Napoleone era garantito sempre da un reparto di 25 Cacciatori a cavallo, al quale erano riservate le funzioni più diverse, compresa la sua scorta ravvicinata.
       Quando quest'ultimo aveva necessità di espletare delle funzioni fisiologiche, nel corso di una campagna, erano 4 Cacciatori a cavallo a scortare l'imperatore in un luogo appartato e a disporsi intorno a lui con il volto orientato verso l'esterno. Questo privava certamente il Grande Corso della necessaria privacy, ma gli garantiva la più assoluta sicurezza.
       Come Reggimento della Guardia Imperiale, i Cacciatori a Cavallo parteciparono a tutte le campagne napoleoniche, anche se il loro impiego in battaglia risultò comunque saltuario. Celebre fu la carica che condussero ad Austerlitz (1805), per respingere una minaccia incombente sull'imperatore, mentre più volte, durante la ritirata di Russia, dovettero intervenire per debellare le incursioni dei cosacchi, che più volte si spinsero pericolosamente vicino all'imperatore, mettendone a repentaglio la vita.

                        Piero Visani





                         

Blog "Sympathy for the Devil": Classifica dei post più letti (21 Dicembre 2015 - 20 Gennaio 2016)

       Il periodo in esame è risultato assai tranquillo e le visualizzazioni sono salite a circa 67.300
      La classifica generale dei post maggiormente letti ha subito scarsissimi mutamenti di vertice, evidenziati qui di seguito. I più importanti sono stati l'inarrestabile ascesa del post Non sarà il canto delle sirene (+30), ormai prossimo alle 500 visualizzazioni, e il passaggio al quinto posto della classifica generale del post Storia della Guerra - 14: L'esercito di Federico il Grande (+24), che ha guadagnato una posizione e ha superato di slancio le 210 visualizzazioni:
  1. It's just like starting over, 570 (=) - 11/12/2012
  2. Non sarà il canto delle sirene, 487 (+30) - 06/08/2014
  3. Non, je ne regrette rien, 258 (+2) - 29/12/2012
  4. Carlo Fecia di Cossato, 229 (+1) - 25/08/2015
  5. Storia della Guerra - 14: L'esercito di Federico il Grande, 215 (+24) - 19/10/2013
  6. Un'evidente discrasia (in margine ai fatti di Parigi), 196 (=) - 8/1/2015
  7. Quantum mutatus ab illo!, 172 (+1) - 20/05/2013
  8. Elogio funebre del generale August-Wilhelm von Lignitz, 149 (+2) - 29/01/2014
  9. JFK e lo "zio Adolf", 141 (=) - 17.05.2013
  10. Isbuschenskij, 140 (=) - 23/08/2013
  11. Umberto Visani, "Ubique", 132 (+2) - 19/04/2013
  12. L'amore bugiardo - "Gone Girl", 126 (=) - 28/12/2014
  13. Tamburi lontani, 125 (=) - 9/1/2015
  14. Richard: sensi, desiderio e piacere, 121 (=) - 19/06/2015
  15. Le donne accoglienti, 119 (+1) - 15/03/2013
N.B.: I titoli in colore blu indicano che il post è progredito nella classifica generale; i titoli in colore rosso che il post è una new entry ai vertici della classifica (prime 10-15 posizioni), dove prima non era presente.
     
        Per quanto concerne invece i post che sono emersi - per numero di visualizzazioni - nel corso del mese, i primi due sono risultati, nell'ordine: Il mio 2016 (con 28 visualizzazioni) e Cinque anni fa (con 24).

       Per finire, le visualizzazioni sono salite in totale a circa 67.300 e i post a 2.181, il che ha fatto rimanere stabile a 30,8 il numero medio di visualizzazioni per post.

       Nel complesso, un mese tranquillo, condizionato come il precedente dal fatto che non sono usciti molti post perché non ho potuto dedicare grande attenzione al blog per motivi di lavoro.

                                                   Piero Visani





venerdì 22 gennaio 2016

L'oro alla Patria

       Mia nonna materna Baptistine Cerise (da leggere alla francese), valdostana con radici nell'Haute Savoie e nel cantone elvetico del Vaud, quando - durante il fascismo - si trattò di partecipare alla patetica messinscena della consegna dell'"oro alla Patria", comprò una "fede" da due soldi (forse anche meno) e la diede a mio nonno perché partecipasse alla pantomima...
      Siccome i regimi cambiano, ma lo Stato resta una simpatica associazione a delinquere sempre e comunque, adesso la dinamica viene invertita: la Patria italiana non esiste più da tempo e quella europea - formata da scaltri mercanti - l'oro non te lo sollecita proprio più, ma te lo viene direttamente a prendere nei conti bancari, con il mitico bail-in (mio padre nacque a San Pier d'Arena, quindi - come Crozza - quel termine per me si identifica con un'immagine precisa e molto eloquente...).
       Alla fine, in qualunque regime la condizione dell'individuo è una sola: portare soldi a chi ha tutta l'intenzione di sottrarteli, ovviamente - ça va sans dire - per il "bene comune". Questa cosa viene chiamata politica, ma la politica c'entra nulla. E' solo furto organizzato: i beati possidentes vogliono possedere ancora di più e procedono allegramente nella tua spoliazione.
       Oggi gli eurocrati e i loro scherani ci dicono che, ad onta dei furti di cui siamo continuamente oggetto, tutto "finirà bene". Non credo proprio che ciò accadrà. Il mio destino lo conosco bene e non mi faccio alcuna illusione in tal senso. Mi piacerebbe però molto poterli coinvolgere nella triste fine che mi attende. Non sarà facile, ma certo è una prospettiva alquanto stimolante.

                           Piero Visani


P.S.: l'entusiasmo di mia nonna nella consegna ai "volonterosi carnefici" di qualsiasi regime credo fosse più o meno analogo a quello della donna qui ritratta... 


giovedì 21 gennaio 2016

Volta la carta!

        Uno degli sport oggi più diffusi, in ogni campo, è il cambiamento delle carte in tavola. Vengono tentati giochetti la cui meschinità è pari all'intelligenza "brillante" di chi li escogita e, nel momento in cui li smascheri in fieri, diventi oggetto di reazioni da vergini offese, sport tra i più diffusi, tra le meretrici....
       L'età e l'esperienza mi inducono a ridere di tutto questo, ma anche a pensare che "non ci sono più i manigoldi di una volta!". Questi sono proprio piccoli bari di provincia.

                                      Piero Visani





                                                   

Non va bene, non va bene così!

       Da bambino, sono stato uno scolaro modello, additato ad esempio ai miei coetanei. La mia "dannazione" ebbe inizio con la pubertà. Sarà che la mia "tempesta ormonale" fu tutt'altro che perfetta, oppure "più che perfetta", ma mi ritrovai all'indice, senza che nulla di quello che facevo andasse più bene ad alcuno.
       A scuola, ero l'allievo "fascista".
      Nella vita, ero il ragazzo cui le madri non intendevano più affidare le figlie e queste ultime - meno che mai - affidare se stesse (in senso molto lato...).
       Alla maturità uscii primo della mia classe, ma la commissione si preoccupò di sottolineare che "la [mia] votazione era dovuta al fatto che gli argomenti trattati nella parte scritta e orale avevano favorito la mia preparazione settoriale" (leggasi "molto storica").
        All'università, la mia tesi meritò il 110, lode e dignità di stampa, ma poi feci outing politico e la mia carriera universitaria (correva l'anno 1973) venne troncata sul nascere, fino a che non divenni un esponente della Nuova Destra, dove cominciai ad accumulare altre palate di guano.
       Nel frattempo, la mia esistenza personale subiva qualche contraccolpo, per storie da me molto partecipate e sentite, dove ovviamente non andavo mai bene io.
       Quando cominciai a lavorare, più o meno si ripeterono le medesime esperienze: andava tutto bene, ma c'era da modificare questo e quell'altro e quell'altro ancora...
       Per un po' mi arrabbiai, poi ci feci il callo: non andava mai bene niente. Mi adeguai, a modo mio. Cercai cioè di fare tutto ciò che potesse risultare non sottoposto al giudizio altrui. Non ci sono molte cose che siano così, ma qualcuna c'è. Basta cercarla e trovarla...
       Oggi vivo ormai da un decennio molto sereno: sono consapevole che di quello che faccio io non va mai bene niente e, nella migliore delle ipotesi, non interessa ad alcuno, per cui mi dedico di fatto a piccoli hobbies personali. Per il resto, non ho nemmeno bisogno di mettermi sul "chi va là?".
      Faccio schifo a prescindere, e credo sia una condizione ideale. Prima ancora che me lo dicano, li anticipo, così mi scambiano per un mezzo veggente. Invece è solo la forza dell'abitudine.

                               Piero Visani


    
  

martedì 19 gennaio 2016

"Sie kommen"

       Quando i tedeschi, nel settembre del 1939, entrarono a Varsavia, nella loro ossessione per l'organizzazione si preoccuparono in via prioritaria di istituire un fondo per pagare le pensioni ai lavoratori polacchi in quiescenza. Stessa cosa accadde alla fine della seconda guerra mondiale, quando a Varsavia entrarono le truppe dell'Armata Rossa sovietica...
       Mi domando: ma chi racconta fole del tipo: "i migranti pagheranno le nostre pensioni" ci sta con la testa, si fa di droghe pesanti, è scemo completo o ha uno spiccatissimo senso dello humour? Non si tratta infatti di attribuire ai migranti chissà quali intenti criminali. Il fatto è che il numero è potenza e chi è più numeroso, giovane e forte dei vegliardi rincoglioniti della finis Europae farà - sottolineo giustamente - ciò che vorrà. Il mondo da sempre va così e, se le "anime belle" pensano di no, temo che dovranno farsene una ragione. Il più forte uccide il più debole, da sempre, ed è la stupenda bellezza di questo mondo, una delle poche, una "terribile bellezza". Cessano le parole e iniziano i fatti, la dura realtà.

                          Piero Visani




Cinque anni fa

       Cinque anni fa, senza che io minimamente potessi prevederlo, la mia vita stava per subire un'accelerazione incredibile, dalla quale non sono più uscito. Ad onta dei momenti negativi, che ho superato con successo ("Tutto ciò che non mi uccide mi rafforza", scrisse un certo Friedrich N. a me molto caro), non sapevo che avrei cominciato una second life, sicuramente più divertente della prima.
       Quasi tutto è crollato intorno a me, dal punto di vista professionale, ma sono rimasto in piedi, come sempre, e ho già ripreso la marcia, con baldanza. Di natura, sono un "duro a morire". Mi aiuta fortemente il fatto che, in questo mondo di m..., non mi sono mai sentito vivo. E' un vantaggio formidabile. Se per caso stasera dovessi "cenare nell'Ade" (remember "300"...?), per me sarebbero luoghi già noti, direi abituali. Di che aver paura, dunque?

                                    Piero Visani




domenica 17 gennaio 2016

Stimoli

       A volte ambirei riuscire a scrivere molto di più di quel che scrivo (e ricordo di essere stato più volte accusato di grafomania, in passato...). Tuttavia, non sempre ci riesco, o per ragioni di superlavoro o perché talvolta mi chiedo se valga davvero la pena scrivere.
       Personalmente, scrivo come forma di autoterapia, di lenimento per cose che vedo e non comprendo, che sento profondamente estranee. Scrivere mi dà sfogo. In verità, vorrei scrivere molto di più e di argomenti molto diversi, ma finirei per scivolare in una diaristica di tipo individuale che forse ha un senso, ma forse non ne ha alcuno.
       Ho attraversato lunghi periodi di solitudine, di enorme disagio esistenziale, ma progressivamente li ho superati, in parte con un provvidenziale aiuto esterno, in parte con una precisa scelta di vita, votata a una assoluta libertà.
       Oggi avrei più voglia che mai di scrivere cose, ma avrei desiderio di farlo in una logica assolutamente iconoclastica e credo che, onde evitare scontate reprimenda, sarebbe utile che scrivessi soprattutto per me. "Non ho mai imparato il mestiere di vivere", potrei dire - parafrasando Cesare Pavese - e devo aggiungere che in fondo la cosa mi piace e mi onora. Ci penserò un po' su e troverò nuovi argomenti: scriverò per me e per quegli happy few che hanno la bontà di leggermi e di cogliere i miei infiniti tormenti.

                               Piero Visani



venerdì 15 gennaio 2016

Lascia che sanguini

       Ricevo una garbata contestazione in merito al fatto che non sarei un allegrone. Capisco e certo non mi risento. Vorrei solo precisare, però, che le vite delle persone sono condizionate da vari fattori. La mia è stata condizionata dal fatto che tutto ciò che facevo non andava mai bene e, le rare volte in cui andava bene, era bisognoso di "correttivi politico-ideologici".
       Ne ho preso atto e avrei potuto scegliere varie strade, compreso l'adeguamento-condizionamento ai valori dominanti. Non l'ho fatto e ne pago consapevolmente il prezzo. Dovrei anche esserne contento?
      In fondo, non ho fatto altro che essere fedele a una certa idea di me stesso, gradevole o meno che fosse. E' stata una scelta consapevole e non me ne lamento.
       Vorrei però precisare che, quando vedo intorno a me tanto sterco, io lo definisco tale. Non vado a fare il pulitore di cessi, o il coprofago. Sono pieno di schizzi, ma cerco di salvaguardare una mia visione di me e del mondo. Sarà di certo pessimistica e patetica, ma non sono masochista, né conformista, né "entrista". Molto semplicemente, "pago la mia casa, pago le mie illusioni". Ben lieto di farlo.

                  Piero Visani




domenica 10 gennaio 2016

L'appuntamento

       Lungomare della periferia industriale genovese, verso Voltri. Fabrizio ha un appuntamento alle 10.30 ed è arrivato dalla sua città in auto, con un leggero anticipo. Poiché sul lungomare non è possibile parcheggiare, il luogo d'incontro è un piccolo slargo del lungomare stesso, dove c'è un piccolo giardinetto. Di norma tutti si parcheggiano lì, se devono incontrare qualcuno, ma ora è metà mattina e il traffico è scarso. Chi doveva andare al lavoro o a scuola lo ha già fatto, dunque in giro non c'è molta gente.
     Fabrizio è posteggiato in seconda fila, non solo perché altri posti non sono disponibili, ma perché, rimanendo in auto, può meglio controllare la situazione ed attendere la persona che deve incontrare. Il luogo non è ameno. Periferia di una città un tempo industriale, ora vocata - come la più parte delle città italiane - al declino. Un declino che si palesa nella miseria dei luoghi, delle persone, dei rari negozi, nel senso di fine di un mondo, anche anagrafica, perché il più giovane tra quelli che si affacciano stancamente sul giardinetto pare non avere meno di 70 anni.
       Fabrizio ha visitato alcuni Paesi dell'Est, Russia in testa, e ne conosce bene le atmosfere e se le ritrova davanti agli occhi. Sorride: il capolavoro dei post-comunisti italiani non è stato arrivare al potere, ma trasformare una pseudo-democrazia occidentale in un Paese post-sovietico, dove tutto è misero, persino i volti, gli abiti, le auto delle persone. Persino i cromatismi tendono al grigio.
      Fabrizio non si intristisce. La cosa migliore che un popolo possa ottenere è pervenire alla realizzazione del mondo che aveva sognato di avere. Molti genovesi (come molti italiani) avevano sognato questa fogna e ora ce l'hanno davanti agli occhi, dentro al cuore e dentro le tasche, miseramente vuote, così come sono vuote le loro speranze per un futuro qualsivoglia.
     Sconfortanti riflessioni gli occupano la mente, mentre segue il flusso degli autobus che si arrestano alla fermata dello slargo per far scendere i pochi passeggeri che hanno a bordo. La persona che attende deve infatti arrivare in autobus - almeno così gli ha detto e così ha fatto nelle precedenti occasioni di incontro - e Fabrizio (vecchia abitudine...) ha posizionato la sua auto in modo da poter controllare tutto lo slargo solo guardando dallo specchietto retrovisore.
      Dopo una lunga attesa, quando ormai Fabrizio si è spazientito e si appresta a telefonare alla persona che attende, dalla parte esattamente opposta a quella in cui arrivano gli autobus sopraggiunge lentamente una moto, un modello datato ma di grossa cilindrata.
       Fabrizio lo nota e un sospetto gli si insinua nella mente: ecco perché chi stava attendendo non scendeva da alcun autobus. Forse è venuta in moto.
       E' un pensiero di un attimo, il suo, che egli tende quasi a cancellare con fastidio, perché il clima di quello stentato avvio di primavera è ancora freddo, e la giornata ventosa e piovosa. Tuttavia, vedendo la moto svoltare a sinistra e ruotare in direzione della sua auto, ogni dubbio gli viene meno: "è arrivata, finalmente".
       Fabrizio abbassa il finestrino e si sporge per salutarla e per conoscerne le intenzioni. La moto si ferma esattamente parallela al suo finestrino aperto. Il casco è un integrale, scuro, ma l'abbigliamento e la struttura fisica del guidatore non lasciano alcun dubbio a Fabrizio su chi si tratti. Sapeva di certe passioni, ma non le aveva mai viste messe in pratica. 
       Mentre dentro di sé abbozza un sorriso di compiacimento per questa piccola novità, il guidatore della moto estrae dalla cintola una pistola di grosso calibro e, con mossa rapida, esplode un solo colpo nella sua direzione, mandandogli letteralmente in frantumi il cranio.
       Fabrizio passa dalla vita alla morte senza quasi accorgersene. Conoscendolo, forse il primo pensiero che avrà avuto post-mortem sarà stato che, ad onta delle sue scarsissime aspettative in materia, forse si sarebbe aspettato che quell'appuntamento finisse un po' meglio...
          Con estrema calma, il centauro ripone la pistola e riparte in direzione Voltri, senza che nessuno si sia accorto di nulla. A volte le morti reali sono dannatamente simili a quelle simboliche.

                                           Piero Visani




sabato 9 gennaio 2016

Uniformologia

       Fin da bambino mi interesso di uniformologia. E' stata la scorciatoia che, dal mio interesse per le cose militari, mi ha portato a interessarmi di abbigliamento. Non ho mai pensato che quest'ultimo fosse una cosa futile, ma ho sempre amato l'eleganza come espressione di rigore, di rispetto per me stesso e per gli altri, di estetica che diventa etica, e viceversa.
       La mia attenzione, fin da bambino, si è concentrata sul periodo napoleonico, cioè su quello che, dal punto di vista dell'eleganza, è stato probabilmente uno dei periodi in cui gli eserciti furono più eleganti.
       Molti anni fa, scrivendo qualche testo come ghostwriter per case di moda, venni a sapere che Gianni Versace era un grande appassionato di uniformologia e aveva pure una collezione importante di uniformi.
       Io non ho una collezione, ho solo qualche piccolo pezzo, ma resto un grande appassionato di uniformologia. Credo che tutte le cose - a cominciare da una delle più difficili, la guerra - debbano essere fatte con supremo stile.

                       Piero Visani



Il rapporto tra politica e cultura


       Ogni volta che scrivo un intervento che può più o meno piacere, ricevo cortesi inviti ad aderire a questo o a quello, oppure esortazioni a smettere di scrivere e a "darmi da fare".
       L'ho fatto, in passato. Ho 65 anni, dunque ho un passato. Il compito che mi è stato affidato, in tutte le esperienze politiche che ho fatto, è sempre stato quello di LECCARE LE TERGA al ras di turno: fosse quello di sezione, di regione o nazionale.
       Non lo farò mai più. Non farò mai più l'intellettuale organico di tipo gramsciano, anche perché la definizione - nella mentalità dei politici italiani - si identifica con "intellettuale di guano". Ergo "non legherò l'asino dove vuole il padrone, perché non ho padroni" e non terrò chiusa la bocca perché "di certe cose è opportuno non parlare, in quanto non è il momento".

        Io identifico il mio compito con il preparare pallottole intellettuali, che possibilmente facciano male al nemico. Non le ho mai viste usare dai politici, o solo per spararmi addosso.
       Non voglio niente da alcuno: né incarichi, né prebende, né niente di niente. Tenuto conto del livello medio degli europei, pretendo solo la patente di "teschio di cazzo". Mi basta. Me l'hanno già data in molti, ergo non mi serve nemmeno più chiederla. Quanto ad andare a incollare manifesti (che è il massimo richiesto agli aderenti italiani ai partiti, a parte ovviamente il diritto ad addentare una fetta di torta...), ci vada chi ne ha la vocazione. La confusione dei ruoli è la peggiore forma di OMOLOGAZIONE. Ricordarselo, specie se si è antiegalitari...

                               Piero Visani

Dal dopoguerra all'anteguerra


      I maschi europei mediamente fuggono: guardate i filmati degli attentati, di Tunisi, dei Bataclan, di tutto ciò che vi capita a tiro. Soggetti anziani, spesso ben pasciuti (e panzuti), leggermente curvi, nei cui occhi si legge lo SMARRIMENTO di chi si ritrova in un mondo dove non ci sono pensioni, welfare, tutele varie ("tutele" lo scriverei tra ampie virgolette...), ma c'è il mondo reale, quello di sempre, quello dove il FORTE FA A PEZZI IL DEBOLE, da millenni, con serena consapevolezza (che non è sadica gioia, credetemi).
       Intendiamoci, è esattamente così anche nella Vecchia Europa, ma - in essa - il forte ha imparato che è molto più piacevole (e meno rischioso...) sodomizzare il debole che ammazzarlo. E così, nel mentre lo ammazza metaforicamente (e non solo metaforicamente: pensate all'attuale profluvio di suicidi...), lo priva altresì di qualsiasi cultura che gli consenta di tutelare la propria dignità: tutto deve essere genderizzato, femminilizzato, terzosessualizzato. L'unico soggetto realmente al bando è il maschio. Il maschio deve cambiare: deve occuparsi di creme, profumi, cura della casa, cucina, e diventare preda di vari tipi di "domine", da quelle sessuali a quelle politiche.
      Nulla che mi preoccupi particolarmente, se non fosse che, quando da una fase di dopoguerra si sta precipitando a tutta velocità in una di anteguerra, i "valori" di cui sopra servono a niente, nulla di nulla. Quando ti scontri con valori e antropologie diverse, meglio adeguarti rapidamente, o sei morto.
      Per noi europei, poi, dovrebbe essere tutto più facile, perché da decenni siamo zombie, cioè morti viventi, impegnati semplicemente a sacrificare noi stessi al Moloch fiscale, quindi di morte e guerra dovremmo essere espertissimi. E invece tali non siamo, perché conosciamo solo l'"inimicus", il nemico interno, quello che ha creato una serie di società in cui gli schiavi - noi - vivono e lavorano per arricchire i padroni, cioè le classi politiche e le cleptocrazie che prosperano grazie al nostro lavoro e a un fiscalismo assurdo. Non conosciamo minimamente "l'hostis", invece, cioè il nemico esterno, quello che è arrivato qui perché portatoci dall' "inimicus" per suoi sporchissimi interessi, ma che ora capisce che può cominciare a spadroneggiare, a comandare, a vincere.
       Esso vede che, nella Vecchia Europa, la legge vale solo per gli schiavi, cioè per noi, ma non vale per lui esattamente come non vale per i padroni. Allora fiuta l'aria, capisce le situazioni (tra i migranti ci sono molte persone intelligenti, oltre che "agenti [non] di innocenza"...), e si prepara attivamente al dopo.
      A lui, per cultura e antropologia, quelli che non credono al valore costruttivo della violenza paiono dei poveri imbelli, delle "femminucce", della "gente di forchetta, non di coltello" e giustamente tutte queste considerazioni attivano le sue pulsioni di predatore: la preda più facile non è necessariamente la più ambita, ma è quella che si uccide prima e senza sforzo...
       Da sempre, ciò che non è suo un predatore - se solo può - se lo prende. Lo fanno le nostre classi politico-cleptocratiche, ma con la sodomia. I nuovi predatori sono più onesti. Ci insegnano tante cose. Ci fanno capire che il mondo è sempre uno, quello eterno di "mors tua, vita mea".
      Avremo tanto da riflettere sulla nostra abissale stupidità e sulla nostra ridicola debolezza, nei prossimi "grandi cimiteri sotto la luna", ma, per evitare questa fine, dovremo ricordare una volta di più che "l'inimicus", che sta alle nostre spalle e dice di volere il nostro bene, è infinitamente più pericoloso e mortifero dell'"hostis", che ci sta di fronte e ci provoca a viso aperto, come è tipico delle culture guerriere. Se non sconfiggeremo il sodomita finto-libertario, non avremo una sola possibilità di successo contro il predatore.

                         Piero Visani

venerdì 8 gennaio 2016

So' ragazzi...!


       Ora è chiaro: la notte del 31 dicembre 2015, a Colonia e in alcune altre città tedesche, non è successo niente. Qualche giovinotto in sovraccarico ormonale, intento a molestie e palpeggiamenti giusto per coprire l'azione di squadre di borseggiatori e ladruncoli.
       Nessuna reale minaccia sessuale; eccessiva concentrazione di testosterone (orrore, orrore: grazie a quest'ultimo si diventa maschi/maschi e non maschi/femmine, come piace a molte europee, in preda ad evidente deriva "lellista"...) e, al più, qualche comportamento sopra le righe.
        In una parola, un colossale abbaglio. Un po' come quando tuo figlio ti ritorna da scuola pestato per bene da una squadretta di "bulli" e comincia la corsa alla minimizzazione dell'evento da parte di preside, professori, famiglie dei (presunti, ovviamente...) colpevoli. Alla fine, infatti, si scopre che il tuo figliolo si è pestato da solo, facendosi ecchimosi varie, tirando testate contro i muri della scuola, mentre i presunti bulli guardavano senza capire quel suo attacco di follia. Alla fine il ragazzo se la cava con una "paterna" ramanzina del preside, mentre i bulli - tutti allegri di essere rimasti ancora una volta impuniti - si cercano un nuovo obiettivo.
       Anche la polizia tedesca è rimasta sorpresa: se riesce ad essere particolarmente severa con le tifoserie calcistiche, specie se italiane, con i migranti non riesce a trovare mai la giusta misura, anche perché prendersela con essi potrebbe compromettere molte carriere sviluppatesi all'ombra del passivo ossequio alle direttive del potere politico, specialità - da sempre - di tutte le forze del (dis)ordine...
       Tentato stupro di massa o tentato furto di massa, poco cambia. Il minimo comun denominatore è uno solo: il termine "massa". E' l'essere in massa che consente ai predatori di predare, di attaccare certi dell'impunità o del fatto che le perdite che si subiranno saranno SEMPRE inferiori ai danni che verranno subiti dall'avversario. Questo è il dato inquietante.
       La risposta delle autorità tedesche pare un esercizio di misurazione di attributi virili (genere: "l'espoir des femmes"...) e come tale è completamente fuori strada. Non siamo ad un'esercizio di "contrasti di genere". Siamo all'evidenziarsi di cosa ha provocato la "femminilizzazione" della cultura europea: l'incapacità di difendersi da tutto e da tutti; e, nel caso in cui lo si faccia, beccarsi pure l'accusa di "esibizione di muscolarità" (orrore, orrore, machismo!!!).
       Parafrasando Lenin, si potrebbe dire: minimizzate, minimizzate, qualcosa resterà! Certo: "la soumission". A volte, a forza di deplorare i ruoli di genere, si finisce per sviluppare le parafilie...

                                                  Piero Visani

giovedì 7 gennaio 2016

True Detective


      Amo tutto ciò che è naturalmente immerso nell'orrore: SPIEGA SENZA MENTIRE, senza ingannare, senza illudere. E' per stomaci forti. E' umano, troppo umano, sublimemente umano. J'adore...

                Piero Visani



L'equivoco di fondo


      Qualcuno ha raccontato, ad alcune generazioni di europei, che le due guerre mondiali furono vinte dalla FORZA DEL DIRITTO. No, signori miei, come tutte le guerre furono vinte dalla FORZA BRUTA! Il diritto venne dopo, a coprire - con qualche taccone peggiore del buco... - i rapporti di FORZA BRUTA.
       Gli europei ci hanno creduto (molto più degli americani...) e ora moriranno brandendo digesti e pandette contro chi è solo molto più demograficamente potente di loro

       Il mio commento - non pretendo di essere di livello... - è "à la Jerry Calà": "Libidine!!!!"
       Gli stolti europei se ne "faranno una ragione"...

                             Piero Visani

Acqua di Colonia


       Ad un certo punto il numero, con la sua eloquenza brutale, si impone su qualsiasi altra cosa e si fa beffe di quella amenità di vecchia data chiamata "diritto".
      La "notte di Colonia" è l'annuncio del futuro dell'Europa, ma non ne faccio alcuna colpa ai migranti: il numero è potenza. Il culturame europeo lo ha dimenticato. Presto sarà solo "soumission" e chi la imporrà, per ragioni numeriche, avrà ovviamente ragione. Vedere gli amanti dei suicidi altrui morire per suicidio proprio mi diverte assai, come prospettiva...

                           Piero Visani

mercoledì 6 gennaio 2016

"Stato di allucinazione" - 2


       Ma - mi chiedo - se l'evasione fiorisce (e come se fiorisce!), all'interno dell'Assemblea Regionale siciliana, notizia di oggi, anche in quel caso mina la crescita, perché pare che molti deputati dovessero al fisco tanti denari, ma nessuno si fosse mai curato di andarglieli a riprendere?
       Come sono belle le lezioni dei moralisti: non durano nemmeno una settimana... Devo pensare che la memoria degli italiani sia così corta?
       "Must be the season of the witch...?"

                         Piero Visani

martedì 5 gennaio 2016

L'evasione mina la crescita - 2


       In effetti qualcosa di vero c'è, in questa affermazione: l'evasione mina la crescita dei proventi dello Stato e, di conseguenza, della spesa statale e delle relative mangiatoie. Ecco perché è così detestata...

                       Piero Visani

L'evasione mina la crescita


       Poiché non passa giorno senza che qualcuno si suicidi, tra le categorie produttive, si può aggiungere che l'evasione minerà pure la crescita, ma lo Stato italiano dà un contributo non indifferente alla diffusione della pratica del suicidio. Qualcosa, in definitiva, cresce, anche se non è propriamente l'economia...
       Ovviamente, per battere in breccia i soliti commenti "geniali", dirò fin da subito che sono tutti "depressi". Dato che non percepiscono decine di migliaia di euro al mese facendo nulla, ritengo che la loro "depressione" meriti almeno un po' di comprensione, se non proprio di rispetto...

                         Piero Visani

I due "neri"


       La storia che Hitler non abbia voluto stringere la mano a Jessie Owens è una "bufala" democratica di vecchia data, riportata in questi giorni alla luce dal film "Race". Chi non gli volle stringere la mano fu invece il "buon" FDR, che temeva di perdere, con un atto del genere, il voto dei democratici degli Stati del Sud, come sempre vicini al partito democratico esclusivamente in odio al fatto che il partito repubblicano era quello dell'odiatissimo (da loro) Abe Lincoln.
       Come commenta oggi con estremo candore una articolista del "Corriere della Sera", "una bella favola è meglio di una sgradevole verità"...
       L'essenza delle democrazia è purtroppo la sodomia (culturale, politica, fiscale, etc.) e questa è assai praticata nel mondo occidentale, non per inclinazioni sessuali (cosa che mi lascerebbe del tutto indifferente), ma per inclinazioni politiche. Il "sodomizzato politico" è soggetto diffusissimo, molto più che i sodomizzatori. Magari nel suo linguaggio quotidiano questi è solito giudicare con disprezzo estremo "froci" e "culattoni" (uso termini suoi, non miei; non fanno parte del mio linguaggio). Tuttavia, se guardasse più attentamente il proprio "lato B", avrebbe molto di che inquietarsi. Ahinoi, non lo fa! Gli basta inveire contro dei presunti "diversi", mentre lui - sempre ahinoi! - è assai più sodomizzato di loro, ma non lo sa...

                     Piero Visani

I "leoni morti"


       Il monumento eretto a Lucerna a perenne ricordo del sacrifici delle Guardie Svizzere nella difesa delle Tuileries (10 agosto 1792). Non è raro che ai leoni tocchi soccombere a difesa delle iene, specie se fraintendono grossolanamente la natura dei loro compiti...
       Nel caso di specie, morirono circa 600 membri del Reggimento su un totale di 1.330 effettivi. Come sempre, furono i giacobini a distinguersi positivamente nell'attacco.

                                Piero Visani



E poi, e poi...


       Gente viene che ti dice: "Ma perché non sbaracchiamo?". E ti fa una proposta molto seria, al riguardo.
       Già, perché non sbaracchiamo?
       Si può avere nostalgia della Corea del Nord, delle nipotine della DDR e della Stasi, dell'E-URSS e di tutte le dittature collettiviste e stataliste di questa terra? Io non ne ho alcuna e vorrei mettermi al riparo prima che sia troppo tardi. E vai con il progetto operativo!
       Uno si sente subito pervadere di nuove energie. Il "Six feet under" lo lasciamo volentieri a chi, già da faccia e postura, non pare proprio promettere allegrie devastanti... 
      Non saremo pervasi di pseudo-virtù, che detestiamo, ma di gioioso "vizio", che amiamo da sempre, e che ambiremmo ad ampliare.
       E vai! "The truth is out there"...

                           Piero Visani

Naissance du "Renzisme"


       Pare che presto il celeberrimo "evergreen" "My Way", noto in tutto il mondo per la splendida interpretazione di Frank Sinatra, sarà vietato non solo nelle corsie degli ospedali (come già accade in parecchi nosocomi statunitensi), ma anche nelle radio italiane.
       La famosissima frase "I did it my way" sarà infatti considerata - come in tutte le "democrazie guidate" - un inammissibile esempio di soggettivismo iconoclastico.
       A qualche cantautore di regime verrà affidata la nuova versione, che potrà invece essere cantata a squarciagola e si intitolerà "Their Way". Chi si suiciderà intonando il finale: "I did it their way!" godrà anche di un'assoluzione plenaria... (non per il suicidio, assai gradito al potere politico attuale, ma per l'atto contrario alla morale cristiana).

                                   Piero Visani

sabato 2 gennaio 2016

"Stato" di allucinazione


       Durante i miei due anni di consulenza per il Segretariato Generale della Presidenza della Repubblica, non ho partecipato alla stesura, ma all'analisi dell'accoglienza dei discorsi presidenziali del 1990 e 1991 da parte dei mezzi di comunicazione di massa (in particolar modo della stampa) e dell'opinione pubblica.
       Erano anni particolari, in cui pareva davvero che qualcosa potesse forse cambiare, in questo Paese. Non accadde e non sta certo a me dire il perché.
       Ricordo che dovevo seguire attentamente il discorso presidenziale, prendendo appunti, valutando sfumature, segnalando impressioni, che poi diventavano oggetto di un documento da sottoporre personalmente all'attenzione del Presidente Cossiga.
       Ricordo anche che mio figlio Umberto, che all'epoca aveva solo 7 e 8 anni, non gradiva queste mie serate di San Silvestro davanti al televisore a guardare, prima, e a commentare, dopo.
       Da allora molta acqua è passata sotto i ponti e personalmente ritengo che ci sia stato, in questo Paese, un progressivo spostamento verso "stati di allucinazione" che trovano spesso la loro migliore espressione nel discorso presidenziale di fine anno.
       Con il tempo, tuttavia, la mia opinione è cambiata, non solo e non tanto nel senso che "l'allucinato" potrei benissimo essere io (cosa che in verità non mi procurerebbe alcun fastidio...), ma nella progressiva constatazione che quello che a me - e a non pochi altri, invero - appare uno "stato di allucinazione", altro non è che la più compiuta espressione di un'"Italia eterna" che in realtà vuole essere così, nutre e coltiva amorevolmente una certa "cultura", e che - se sentisse un discorso fatto da me o una conversazione fatta con miei amici - ci guarderebbe cose se venissimo da Marte...
       E' fin troppo facile tirare fuori, a questo punto, la distinzione maurassiana tra "Paese reale" e "Paese legale", ma quel "Paese legale", per quanto tanto legale non sia e proceda spesso e volentieri per atti di forza, è in realtà il "Paese legale" per buona parte degli italiani, compresi quelli che lo guardano con diffidenza, come le forze del Centrodestra e compresi più che mai i grillini, che della metapolitica di quel "Paese reale" sono figli sono insoddisfatti, ma diretti e per nulla "illegittimi".
       E' l'Italia dello "Stato-mamma", dei percettori contro i produttori, dei ladri patentati che accusano evasori ed elusori, dando prova di non avere presente che un reato amministrativo è meno grave di uno penale. E' un'Italia che sopravvive a se stessa, divorando tutto e tutti, fermamente convinta di essere nel giusto e assolutamente decisa a continuare a rimanere tale a tempo indeterminato. Non cambierà mai, perché vivere alle spalle degli altri è molto più comodo e facile che costruirsi faticosamente un'esistenza. E' un'Italia che ha edificato, anno dopo anno, un gigantesco "Stato di allucinazione" e - supremo "capolavoro", occorre riconoscerlo - si è convinta che fosse realtà...
       Non è pessimismo il mio, ma questo sistema piace a molti perché è del tutto conforme al carattere nazionale. Chi lo ha costruito, sapeva bene quel che faceva e sapeva bene che, senza dirompenti eventi esterni, durerà ancora a lungo, per poi ricostruirsi non appena si sarà tornati a normalità. C'è chi vive di patologie, e le definisce fisiologie...

                       Piero Visani

venerdì 1 gennaio 2016

Libagioni


      Dopo il breve intervallo di melassa, da oggi il prodotto di cui sotto ritorna il principale e più "nutriente" alimento degli italiani, già di loro naturalmente coprofagi.
       Ho riflettuto a lungo se la definizione "d'artista" potesse suonare inutilmente elogiativa, ma poi ho pensato che la classe dirigente italiana - politica e no - è formata davvero da artisti del guano, ergo la definizione era perfetta.
       Quanto ai coprofagi, cioè a noi, evidentemente il prodotto piace...

                                        Piero Visani