sabato 9 gennaio 2016

Dal dopoguerra all'anteguerra


      I maschi europei mediamente fuggono: guardate i filmati degli attentati, di Tunisi, dei Bataclan, di tutto ciò che vi capita a tiro. Soggetti anziani, spesso ben pasciuti (e panzuti), leggermente curvi, nei cui occhi si legge lo SMARRIMENTO di chi si ritrova in un mondo dove non ci sono pensioni, welfare, tutele varie ("tutele" lo scriverei tra ampie virgolette...), ma c'è il mondo reale, quello di sempre, quello dove il FORTE FA A PEZZI IL DEBOLE, da millenni, con serena consapevolezza (che non è sadica gioia, credetemi).
       Intendiamoci, è esattamente così anche nella Vecchia Europa, ma - in essa - il forte ha imparato che è molto più piacevole (e meno rischioso...) sodomizzare il debole che ammazzarlo. E così, nel mentre lo ammazza metaforicamente (e non solo metaforicamente: pensate all'attuale profluvio di suicidi...), lo priva altresì di qualsiasi cultura che gli consenta di tutelare la propria dignità: tutto deve essere genderizzato, femminilizzato, terzosessualizzato. L'unico soggetto realmente al bando è il maschio. Il maschio deve cambiare: deve occuparsi di creme, profumi, cura della casa, cucina, e diventare preda di vari tipi di "domine", da quelle sessuali a quelle politiche.
      Nulla che mi preoccupi particolarmente, se non fosse che, quando da una fase di dopoguerra si sta precipitando a tutta velocità in una di anteguerra, i "valori" di cui sopra servono a niente, nulla di nulla. Quando ti scontri con valori e antropologie diverse, meglio adeguarti rapidamente, o sei morto.
      Per noi europei, poi, dovrebbe essere tutto più facile, perché da decenni siamo zombie, cioè morti viventi, impegnati semplicemente a sacrificare noi stessi al Moloch fiscale, quindi di morte e guerra dovremmo essere espertissimi. E invece tali non siamo, perché conosciamo solo l'"inimicus", il nemico interno, quello che ha creato una serie di società in cui gli schiavi - noi - vivono e lavorano per arricchire i padroni, cioè le classi politiche e le cleptocrazie che prosperano grazie al nostro lavoro e a un fiscalismo assurdo. Non conosciamo minimamente "l'hostis", invece, cioè il nemico esterno, quello che è arrivato qui perché portatoci dall' "inimicus" per suoi sporchissimi interessi, ma che ora capisce che può cominciare a spadroneggiare, a comandare, a vincere.
       Esso vede che, nella Vecchia Europa, la legge vale solo per gli schiavi, cioè per noi, ma non vale per lui esattamente come non vale per i padroni. Allora fiuta l'aria, capisce le situazioni (tra i migranti ci sono molte persone intelligenti, oltre che "agenti [non] di innocenza"...), e si prepara attivamente al dopo.
      A lui, per cultura e antropologia, quelli che non credono al valore costruttivo della violenza paiono dei poveri imbelli, delle "femminucce", della "gente di forchetta, non di coltello" e giustamente tutte queste considerazioni attivano le sue pulsioni di predatore: la preda più facile non è necessariamente la più ambita, ma è quella che si uccide prima e senza sforzo...
       Da sempre, ciò che non è suo un predatore - se solo può - se lo prende. Lo fanno le nostre classi politico-cleptocratiche, ma con la sodomia. I nuovi predatori sono più onesti. Ci insegnano tante cose. Ci fanno capire che il mondo è sempre uno, quello eterno di "mors tua, vita mea".
      Avremo tanto da riflettere sulla nostra abissale stupidità e sulla nostra ridicola debolezza, nei prossimi "grandi cimiteri sotto la luna", ma, per evitare questa fine, dovremo ricordare una volta di più che "l'inimicus", che sta alle nostre spalle e dice di volere il nostro bene, è infinitamente più pericoloso e mortifero dell'"hostis", che ci sta di fronte e ci provoca a viso aperto, come è tipico delle culture guerriere. Se non sconfiggeremo il sodomita finto-libertario, non avremo una sola possibilità di successo contro il predatore.

                         Piero Visani