giovedì 21 gennaio 2016

Non va bene, non va bene così!

       Da bambino, sono stato uno scolaro modello, additato ad esempio ai miei coetanei. La mia "dannazione" ebbe inizio con la pubertà. Sarà che la mia "tempesta ormonale" fu tutt'altro che perfetta, oppure "più che perfetta", ma mi ritrovai all'indice, senza che nulla di quello che facevo andasse più bene ad alcuno.
       A scuola, ero l'allievo "fascista".
      Nella vita, ero il ragazzo cui le madri non intendevano più affidare le figlie e queste ultime - meno che mai - affidare se stesse (in senso molto lato...).
       Alla maturità uscii primo della mia classe, ma la commissione si preoccupò di sottolineare che "la [mia] votazione era dovuta al fatto che gli argomenti trattati nella parte scritta e orale avevano favorito la mia preparazione settoriale" (leggasi "molto storica").
        All'università, la mia tesi meritò il 110, lode e dignità di stampa, ma poi feci outing politico e la mia carriera universitaria (correva l'anno 1973) venne troncata sul nascere, fino a che non divenni un esponente della Nuova Destra, dove cominciai ad accumulare altre palate di guano.
       Nel frattempo, la mia esistenza personale subiva qualche contraccolpo, per storie da me molto partecipate e sentite, dove ovviamente non andavo mai bene io.
       Quando cominciai a lavorare, più o meno si ripeterono le medesime esperienze: andava tutto bene, ma c'era da modificare questo e quell'altro e quell'altro ancora...
       Per un po' mi arrabbiai, poi ci feci il callo: non andava mai bene niente. Mi adeguai, a modo mio. Cercai cioè di fare tutto ciò che potesse risultare non sottoposto al giudizio altrui. Non ci sono molte cose che siano così, ma qualcuna c'è. Basta cercarla e trovarla...
       Oggi vivo ormai da un decennio molto sereno: sono consapevole che di quello che faccio io non va mai bene niente e, nella migliore delle ipotesi, non interessa ad alcuno, per cui mi dedico di fatto a piccoli hobbies personali. Per il resto, non ho nemmeno bisogno di mettermi sul "chi va là?".
      Faccio schifo a prescindere, e credo sia una condizione ideale. Prima ancora che me lo dicano, li anticipo, così mi scambiano per un mezzo veggente. Invece è solo la forza dell'abitudine.

                               Piero Visani