giovedì 22 settembre 2016

"Io sono nato in un grande Paese..."

       Il celeberrimo incipit di una vecchia canzone di Sergio Endrigo e Gianni Musy mi serve a sottolineare solo una cosa: chi scrive non è contrario a grandi opere, grandi iniziative, etc. etc.
       Il piccolo problema - non tanto piccolo, per la verità - è quanto queste siano fattibili in una cleptocrazia, che su esse (e molte altre) ha vissuto e prosperato.
        Considerare questo Paese come normale, o democratico o non mafioso è assolutamente legittimo, ma appartiene a una logica totalmente conservatrice, in cui la FINZIONE propria di tale atteggiamento si spinge fino a occultare la FUNZIONE che esso cerca di coprire. In parole povere, è possibile che i Giochi Olimpici siano anche una bella cosa, ma al tempo stesso è notorio e studiato che NON sono un volano per l'economia e, al massimo, lo sono in termini di immagine per un Paese e/o una città.
       Il problema - e dovrebbe essere chiarissimo, per chi non stia dalla parte della cleptocrazia attuale - non è tanto fare o non fare le Olimpiadi, ma non farle fare a Malagò e compagnia cantante, e a tutti quelli come loro. Gli esempi di Italia Novanta, dei Giochi Olimpici invernali di Torino o dei Mondiali di nuoto a Roma, evidentemente non sono sufficienti. Se non lo sono - il che è assolutamente legittimo - è sufficiente che gli apologeti dei medesimi ci dicano che cosa hanno guadagnato da essi, o eventualmente quanto ci hanno perso. Un atteggiamento del genere non è per nulla vietato, anzi, è da incoraggiare. Tuttavia, se la distruzione dell'esistente viene bollata come atteggiamento non costruttivo, credo che nulla vieti a chi ambisce SOLO alla distruzione dell'esistente, inteso come smantellamento delle congreghe dei "furbetti del quartierino" e della cleptocrazia su cui prosperano da decenni, di poter a sua volta deprecare un atteggiamento di oggettivo sostegno alle medesime. Non è vietato, per nulla, stare dalla parte dei Casamonica, magari quelli in versione lusso. Basta avere il coraggio di ammetterlo. Non è richiesto altro.

                                 Piero Visani