venerdì 16 settembre 2016

Parolai, tasse e guai...

      Dopo vent'anni e più di una tassazione fiscale ridicola, nella sua radicalità, dopo campagne mediatiche e di costume contro l'evasione, il debito pubblico italiano è sempre più elevato e aumenta inesorabilmente mese dopo mese.
       In un Paese normale, i cittadini si chiederebbero perché ciò continui ad avvenire e ne chiederebbero conto ai vari partiti politici che ci hanno governato e ci governano. In Italia no, perché la maggior parte del popolo italiano vive e mangia grazie allo Stato, che ormai ha in mano più della metà del Pil. Nessuno è incline a fare del male a chi gli dà da mangiare, e questo - qui da noi - spiega molte cose.
       Tuttavia, resta innegabile il fatto che una montagna enorme di tasse, che ha stroncato vari settori produttivi e indotto molte imprese alla fuga all'estero, che cosa ha prodotto, in termini concreti? Teoricamente, avrebbe dovuto provocare un gigantesco spostamento di ricchezza, che avrebbe dovuto consentire di avere più sanità, più istruzione, più pensioni. Niente di tutto questo, ma solo tagli alla spesa pubblica e naturalmente nessuna spending review, anzi una sequela di commissari dimissionari (o dimissionati).
       Nessun sistema è incline a riformare se stesso, questo è ovvio, e il nostro sistema politico-burocratico consiste in una colossale macchina mangiasoldi, che ha ingollato tutto. Non un solo accenno di inversione di tendenza, neppure per sbaglio. Si vuole continuare a divorare tutto, con mai sazia ingordigia, fino a che non sarà stata sacrificata l'ultima risorsa.
       Ogni anno che passa, tuttavia, il collasso si avvicina, come è ampiamente testimoniato dalle inquietudini del presidente dell'INPS Boeri di fronte al tentativo del governo Renzi di creare ancora qualche ulteriore voce di spesa per il suo istituto, che è già follemente indebitato.
       La teoria andreottiana de "Alla fine tutto si aggiusta", tanto amata dagli italiani, questa volta però non sarà applicabile. Il crollo sarà duro e segnerà il ritorno di questo Paese a livelli economici di estrema arretratezza. Non perché l'Italia non abbia risorse, umane e materiali, non perché non abbia ingegni, know how e quant'altro, ma perché da decenni ha accettato di vivere tenendosi sulla schiena una sanguisuga che è cresciuta e che è sempre più affamata, anzi ormai insaziabile. Il disastro è qui, davanti a noi, con noi, ed è una crisi terminale. Certo fa comodo fingere di non vederlo, ma c'è e ancor più ci sarà. Ce lo siamo assolutamente meritato, con il nostro totale conservatorismo. Saranno i fatti a farci cambiare, e non è neppure detto. Scivoleremo sereni verso la fine, come certi pluricentenari che sono morti da tempo, ma a cui nessuno ancora lo ha detto.

                                   Piero Visani