sabato 15 luglio 2017

John Singleton Mosby: il "Fantasma grigio" della Confederazione sudista

       Da parecchi anni si è accesa, in ambito storico, la disputa sul fatto di quali avrebbero potuto essere gli esiti della Guerra Civile americana nell'aventualità in cui la Confederazione sudista avesse deciso non di condurre la lotta come un conflitto regolare, ma come una forma di guerra rivoluzionaria. La ragione del sorgere di tale interrogativo non è casuale: tanto in terra quanto per mare, infatti, ogni volta che i sudisti fecero ricorso a forme di guerra irregolare i loro successi furono nettamente superiori e inflissero al nemico danni molto più gravi di quelli che riuscirono ad infliggergli con forme di guerra regolare.
       Tra le numerose figure che si distinsero, nel Sud, nel campo della guerra irregolare, spicca la personalità di John Singleton Mosby, un uomo che seppe trasformare la parte settentrionale della Virginia in un territorio dove la guerra partigiana da lui condotta inflisse notevolissimi danni materiali e perdite umane agli unionisti, riuscendo a mantenerla sotto il proprio controllo fino al termine del conflitto.
       Nato nella contea di Powhatan, in Virginia, nel dicembre del 1833, allo scoppio della Guerra Civile (1861) Mosby non aveva ancora 28 anni. Minuto e di bassa statura, fu spesso oggetto di forme di "bullismo" da parte dei compagni di scuola, alle quali rispose sempre con vigoria, dando prova di una forza d'animo notevole.
       Nell'ottobre del 1850 si iscrisse all'Università della Virginia, dove si distinse subito per essere uno studente abbondamente al di sopra della media nel campo delle lettere classiche, compresi latino e greco. Nel marzo 1853, venne nuovamente coinvolto in una rissa, a seguito della quale fu condannato ad un anno di carcere, che scontò fino al successivo mese di dicembre, quando venne scarcerato per un condono natalizio. Successivamente si laureò in legge e cominciò ad esercitare la professione legale.
        Allo scoppio della Guerra Civile, Mosby - sebbene ostile alla secessione e anche alla schiavitù - si arruolò tra le forze della Virginia, essenzialmente per fedeltà al suo Stato natale. Nell'aprile 1862, il Congresso confederato approvò il Partisan Rangers Act, che faceva di tutte le forze irregolari che combattessero sotto le insegne della Confederazione dei combattenti con piena dignità di soldati regolari.
       Dopo aver operato per tutto il 1862 come scout di cavalleria delle forze regolari sudiste, nel dicembre di quell'anno egli raccolse intorno a sé un nutrito gruppo di combattenti irregolari della Virginia e, nel gennaio successivo, venne autorizzato a costituire ed a prendere il comando del 43° Virginia Battalion, un'unità piuttosto corposa (arrivò a toccare i 1.900 uomini), autorizzata a vivere dispersa tra la popolazione civile, a riunirsi dietro convocazione, a combattere in uniforme ma senza obblighi tradizionali di servizio, nonché autorizzata a dividere tra i suoi membri tutto il bottino che essi fossero in grado di fare nel corso delle loro azioni.
       Le operazioni del 43° Virginia Battalion si dimostrarono subito particolarmente efficaci nel disturbare le forze unioniste, ciò che procurò a Mosby continue promozioni di grado (fino a quello di colonnello), ma anche parecchie incomprensioni da parte dei membri delle forze regolari, che vedevano di cattivo occhio l'attività di quel reparto così singolare, i cui membri tornavano a sera a dormire nelle loro case, magari portando con sé una buona dose di bottino. Mosby fu dunque costretto a controllare attentamente il comportamente dei suoi uomini ed a filtrare le richieste di quanti erano interessati ad entrare nel suo reparto.
       La guerra partigiana condotta con estrema efficacia dai Mosby's Raiders (al punto da valere al loro comandante l'appellativo di "The Gray Ghost", ovvero "il Fantasma grigio") indusse il comando unionista ad ipotizzare di prendere misure draconiane contro di loro e le loro famiglie, al punto che il generale Grant, comandante di tutte le forze militari unioniste, autorizzò i suoi subordinati ad impiccare immediatamente e senza processo eventuali membri del reparto che venissero catturati mentre non indossavano uniformi confederate e addirittura a sequestrare in qualche prigione militare tutti i membri delle loro famiglie, dato che in Virginia era ben noto di quali famiglie si trattasse.
      La prima disposizione venne immediatamente praticata (la seconda fortunatamente no) e ciò provocò analoghe rappresaglie da parte degli uomini di Mosby, che giustiziarono un certo numero di prigionieri unionisti. Tuttavia, nel novembre 1864, Mosby chiese e ottenne dal comando unionista che queste deplorevoli pratiche venissero immediatamente abbandonate, in cambio del ritorno alle tradizionali regole belliche.
      Nell'aprile 1865, dopo la resa delle forze sudiste al comando del generale Lee, Mosby sciolse il suo reparto, che pure aveva continuato fino alla fine a costituire una notevole spina nel fianco per i nordisti, ma si diresse verso il North Carolina, nella speranza di poter continuare la lotta a fianco di altre forze confederate. Avendo successivamente appreso che anche queste si erano arrese, ritornò in Virginia, dove si arrese in via definitiva solo il 17 giugno 1865 (e fu uno degli ultimi ufficiali superiori sudisti a farlo).
       Nei durissimi anni successivi alla conclusione del conflitto intestino, Mosby si schierò dalla parte del presidente Grant ed entrò addirittura nel partito repubblicano (cosa che all'epoca era un atto di assoluto coraggio, per un virginiano, dal momento che si trattava del partito dell'odiato Abramo Lincoln). A quel punto, nel suo Stato egli cominciò ad essere considerato un voltagabbana e questo lo rese oggetto di una formidabile ostilità, tradottasi spesso in atti di violenza a carico suo e dei suoi familiari.
     La sua carriera successiva non è di interesse qui per noi. Morì il 30 maggio 1916, per complicazioni insorte successivamente a un'operazione alla gola.
       Molti sono i ricordi e le memorie di John Mosby sparse per la Virginia settentrionale, un'area ancora oggi molto bella e che vale il viaggio. Ci si può immergere in qualche foresta, ai limiti di qualche spianata, e immaginare un'orda di cavalieri che avanzano verso i margini della foresta stessa sollevando nugoli di polvere per fare artatamente credere di essere molti di più di quanto realmente siano. Si può immaginare di vederseli arrivare addosso in un baleno, esplodere da cavallo fucilate e pistolettate ben dirette, frutto di una grande dimestichezza nel gestire l'animale, e poi vederli svanire altrettanto rapidamente, all'interno di quella stessa grande nuvola di polvere, intenti alla loro ben nota pratica dello skedaddle (letteralmente "fuga precipitosa"), vale a dire una fuga condotta in tutte le direzioni, senza alcuna connessione logica, se non quella del ritrovarsi successivamente in un punto di ricongiungimento prestabilito, in modo da rendere impossibile l'inseguimento da parte del nemico.
       Se si viaggia per la Virginia settentrionale, con la sua modernità e i suoi sfacciati anacronismi, difficile che non si riesca a pensare almeno un attimo a tutto questo e a non amarla di un amore intenso, profondo.

                        Piero Visani



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