mercoledì 22 novembre 2017

Sport e guerra


        Nell'agosto 1942, mentre si accentua l'offensiva tedesca in direzione del Caucaso, la vista del Monte Elbrus, con i suoi 5.642 metri di altezza, posto in buona parte nel territorio dell'odierna Georgia, si trasforma in breve in una tentazione irresistibile per gli alpini germanici della 1a e 4a Divisione da Montagna. Nelle loro file, del resto, sono presenti provetti scalatori, i quali ritengono che portare la bandiera del Reich a garrire in cima alla vetta più alta del Caucaso potrebbe costituire un successo propagandistico non indifferente, in un momento in cui le sorti della guerra appaiono ancora favorevoli.
Il comandante della 1a Divisione da Montagna, la celeberrima "Edelweiss", il generale Hubert Lanz, da tempo stava pensando di poter compiere un exploit alpinistico-sportivo, tant'è vero che, già il 9 agosto 1942, aveva ordinato ad un suo subordinato, il capitano Heinz Groth, di costituire una speciale compagnia d'alta montagna, composta dai migliori alpinisti della Divisione e da qualche altro sperimentato elemento della 4a Divisione da Montagna.
       Dopo due tentativi falliti a causa delle pessime condizioni meteorologiche, il 21 agosto 1942, intorno alle ore 11, i 23 membri della compagnia speciale raggiunsero la vetta dell'Elbrus. Spirava un vento fortissimo, per cui fu possibile soltanto piantare una bandiera ma non scattare fotografie.
Per sopperire alla mancanza di foto, l'impresa venne ripetuta due giorni dopo, il 23 agosto, dal tenente Herbert Leupold e da altri otto alpini, i quali tra l'altro si accorsero che Groth ed i suoi non erano arrivati propriamente sulla vetta.
       Anche in questo caso, però, le foto scattate non si dimostrarono soddisfacenti, per cui l'Alto Comando della Wehrmacht decise di affidare a Hans Ertl, alpinista di fama ed eccellente cameraman, il compito di salire nuovamente in vetta e di farlo quando le condizioni del tempo potessero consentire le migliori riprese. Fu quanto Ertl riuscì a fare il successivo 7 settembre, favorito da un sole splendido. Egli girò immagini e scattò fotografie professionali, e arrivò davvero in cima all'Elbrus, come era già riuscito a fare Leupold, ma purtroppo senza riuscire a documentarlo adeguatamente. Le immagini di Ertl furono invece diffuse da tutti i cinegiornali germanici e fecero il giro del mondo, e sono quelle che sono arrivate fino ad oggi.
        Informato dell'exploit delle truppe da montagna, Hitler ebbe un formidabile accesso di collera, se la prese con degli uomini che non avevano compreso il senso della guerra rivoluzionaria che il Reich stava combattendo e arrivò addirittura a proporre il deferimento alla corte marziale "di borghesucci che erano ben decisi a mantenere le loro stupide abitudini da civili anche nel bel mezzo di una tempesta planetaria".
Il successo propagandistico ottenuto dal Reich fu però di entità tale, a livello di opinione pubblica, da indurre i consiglieri del Fuehrer a persuaderlo a desistere da una decisione tanto drastica, che non sarebbe stato compresa dai tedeschi.
       Hitler continuò comunque ad ironizzare sull'impresa ancora per parecchi mesi e ad indicarla come un'assurda distrazione di forze dall'obiettivo principale, che era quello di sfondare oltre il Caucaso.
Sotto il profilo strettamente alpinistico, l'impresa degli Alpenjaeger germanici resta di assoluto rilievo, in quanto essi riuscirono ad arrivare in vetta al monte più alto del Caucaso non disponendo altro che della loro sensibilità di alpinisti, senza alcuna indicazione o mappa di avvicinamento precisa.

                                 Piero Visani




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