martedì 12 dicembre 2017

Destra e cultura (minima animalia...)

       I riferimenti dell'amico Amerino Griffini ai difficili (uso un eufemismo...) rapporti tra Destra politica e cultura, e il susseguente mini-dibattito che si è acceso, mi hanno richiamato alla mente un gustoso episodio avvenuto intorno alla metà degli anni Novanta. Ero consulente del Ministero della Difesa per la comunicazione e l'informazione in materia militare; avevo da poco chiuso il mio biennio (l'ultimo della presidenza Cossiga) di consulenza comunicativa presso il Segretariato Generale della Presidenza della Repubblica ed ero editorialista del "Secolo d'Italia", quotidiano nel Msi ormai in procinto di trasformarsi in Alleanza Nazionale. I miei editoriali venivano regolarmente citati nelle rassegne stampa radiofoniche e televisive dell'epoca, e - per quanto ne so - all'interno del partito nessuno li aveva mai criticati.
       Abitavo all'epoca in un complesso di palazzine sulla collina di Torino, in un Comune di cui era consigliere per il Msi un signore che - a quanto ne sapevo io - faceva di professione il vivaista, non l'intellettuale, il giornalista, lo scrittore, il linguista o - più semplicemente - il correttore di bozze. Costui pare fosse in buoni rapporti con la portinaia del mio complesso, per cui, un bel giorno, arrivò da lei con una serie di fotocopie di miei editoriali, con ben evidenziate le cose (poche o pochissime) che condivideva e quelle (molte o moltissime) che gli davano fastidio.
       Da disciplinata costode di un complesso residenziale, la portinaia me li consegnò e io, non sapendo di che si trattasse, li lessi e mi resi rapidamente conto che avevo a che fare con una "maestrina dalla penna rossa". Non mi sorpresi più di tanto. Non ero ben visto dalla dirigenza regionale del partito, penso per una semplicissima questione di Q.I., e dunque mi resi subito conto che i "Leporelli" (ovvero i servi sciocchi) della medesima, forse ipotizzavano - con tali "pensate" - di operare qualche captatio benevolentiae a loro favore.
       La cosa andò avanti per tre-quattro settimane, poi - siccome la pazienza è una virtù che non mi interessa - mi recai in portineria e dissi alla custode di non ritirare le "correzioni" del singolare consigliere comunale. La solerte custode mi chiese che cosa dovesse dirgli per giustificare il mancato ritiro di quei "parti di sapienza" e io - sebbene ostilissimo a qualsiasi forma di giustificazione (è una pratica democratica, io la detesto) - la pregai di dirgli che, siccome io non andavo al di lui vivaio a insegnargli il suo mestiere, lui cortesemente non venisse a casa mia ad insegnarmi il mio.
       L'aneddoto è modesto, ma spiega molto su una certa attitudine mentale: "hai fatto attacchinaggio? No. E allora non sei nessuno!". E infatti io ero e sono nessuno, e non pretendo di insegnare alcunché ad alcuno, tanto meno dalle iperboree altezze di un vivaio, che tra l'altro dovrebbe essere pure professione prettamente tellurica...
       La cosa comunque mi servì a capire che la politica italiana non faceva per me e quindi cominciai ad interessarmi di tutt'altro. Da allora, ho avuto molti maestri di scrittura e di politica, ma vivaisti - ahimè - più nessuno...

                            Piero Visani



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